“La salute delle donne merita investimenti e massima attenzione. Dovrà essere uno dei temi su cui investiamo con maggiore forza nei prossimi anni”. Per farlo, “ci sono diverse idee in campo, come quello dell’ospedale delle donne, e ci sono le proposte delle diverse società scientifiche”. Lo ha detto il ministro della salute Roberto Speranza, a margine del convegno La salute della donna: politiche per il futuro, organizzato presso il Centro studi americani a Roma dalla Fondazione Atena Onlus. La Giornata nazionale della salute della donna, istituita nel 2015 dall’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin, è stata “una scelta giusta, visionaria che dobbiamo rivendicare e che deve servire per costruire un Servizio sanitario nazionale più forte per tutti, nel rispetto del mandato della Costituzione. Ma deve servire anche per costruire un Servizio sanitario nazionale più capace di riconoscere la specificità di genere e di offrire questa specificità risposte che siano all’altezza del tempo che viviamo”. Una giornata, quella di oggi, che ha permesso “il punto con tantissime esperte nazionali e internazionali sullo stato della salute della donna in Italia. Cosa dobbiamo fare dopo due anni e mezzo di Covid? Sicuramente informare, formare e far conoscere le tematiche della salute” ha spiegato Beatrice Lorenzin coordinatrice Health&Science Bridge.
La sfida
“La sfida è convincere le donne a fare prevenzione, perché in molte donne non c’è ancora la percezione dell’importanza di farla” ha aggiunto Mariella Enoc, presidente dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Impostazione condivisa da Annamaria Colao, presidente Società italiana di endocrinologia, cattedra Unesco educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile, perchè “come il bambino non è uomo di piccole dimensioni, la donna non è un diversamente uomo. La donna è un complesso biologico completamente diverso dall’uomo. Purtroppo tutte le nuove terapie sono state sperimentate solo nel sesso maschile per almeno l’80%. Bisogna sensibilizzare sul tema della salute della donna per farne un aspetto pratico al fine del miglioramento della salute di tutta la popolazione”. “Una delle proposte da immaginare è una legge che preveda nelle aziende sanitarie una quota obbligatoria di donne, perché se non si va su questa strada si fa fatica ad avanzare” ha continuato Sandra Zampa, responsabile degli aspetti comunicativi relativi alle relazioni internazionali ed alle attività istituzionali nazionali del ministero della Salute.
Donne e ruoli apicali
“Durante la pandemia – ha osservato Paola Testori Coggi, consigliere scientifico presso l’IAI e special advisor Alisei – ci siamo accorti di una carenza di donne nei ruoli apicali. Abbiamo bisogno – ha concluso Coggi – che molti più uomini credano nella carriera delle donne”. Eleonora Porcu, vicepresidente della Commissione III del Consiglio superiore sanità parlando delle donne, ha ricordato che l’handicap maggiore nella nostra società è la conoscenza: “Non sapere come funziona il nostro organismo. La maternità soprattutto deve diventare una scelta reale e per essere una scelta reale deve implicare una maggiore consapevolezza, che parte dall’insegnamento ai comuni cittadini”. “La prima lezione da imparare dal Covid – ha concluso Roberta Siliquini, professore ordinario di sanità pubblica, Dipartimento di scienze della sanità pubbliche e pediatriche, Università di Torino – è che tutti devono contribuire al sistema salute. Un Paese che lascia indietro economicamente qualcuno, lascia indietro la salute di qualcuno, un Paese che lascia indietro educativamente qualcuno è un Paese che lascia indietro la salute di qualcuno. Abbiamo più risorse ma non sprechiamole. Abbiamo l’opportunità di definire cosa si servirà tra 10-20 anni, non bisogna solo tamponare l’attuale”. “Dobbiamo riconoscere la specificita’ di genere nella salute – ha concluso il ministro Speranza -. E se, negli ultimi anni, passi avanti sono stati fatti in questo senso, molto resta da fare. Ad esempio, nella ricerca farmaceutica il tema non è stato affrontato fino in fondo con coraggio. Dobbiamo provare a farlo emergere con sempre maggior decisione. E lo stesso vale per le diversità che ci sono tra uomo e donna in termini di prevenzione delle malattie, di cui bisogna tenere conto”.