La pandemia da Covid-19 ha portato a nuove scoperte scientifiche che hanno determinato nell’ambito della spesa sanitaria investimenti su terapie molto costose spesso con limitata efficacia e compliance. La ricerca clinica ha risposto a questo stato di emergenza, oltre che con il supporto di farmaci anche con supplementi nutrizionali. “In questo momento di emergenza si è riscontrata la necessità di continuare a studiare il fenomeno Covid, per ricercare soluzioni anche a quegli effetti collaterali che possono manifestarsi dopo aver contratto la malattia – ha dichiarato il dottor Ugo Trama, responsabile della Politica del farmaco e dispositivi presso la direzione generale per la tutela della salute e il coordinamento del sistema sanitario della Regione Campania -. In questo contesto, le attività di ricerca coordinate dal consorzio ITME (International Translational Research and Medical Education) dell’Università Federico II in collaborazione con l’Albert Einstein University di New York, hanno dato impulso alla conoscenza dei meccanismi fisiopatologici dell’infezione da Covid-19, con particolare riferimento all’endotelio”.
Disfunzione endoteliale
Esistono prove concrete che la disfunzione endoteliale sia uno dei principali meccanismi alla base dello sviluppo della patologia grave da Covid-19 – ha detto Gaetano Santulli, professore di farmacologia molecolare e di cardiologia presso l’Albert Einstein College of Medicine di New York -. La disfunzione endoteliale è una delle principali cause di diverse condizioni patologiche che interessano il sistema cardiovascolare, tra cui ipertensione, aterosclerosi, diabete e aterotrombosi. Nell’aprile 2020, siamo stati il primo gruppo a dimostrare che le manifestazioni sistemiche osservate nella malattia da coronavirus potrebbero essere spiegate da una disfunzione endoteliale preesistente. Infatti, alterazioni della funzione endoteliale sono state correlate a ipertensione, diabete, tromboembolia e insufficienza renale, tutte presenti, in misura diversa, nei pazienti”.
Il ruolo dell’Arginina
Studi recenti hanno dimostrato che l’Arginina è il substrato di uno degli enzimi principali a livello delle cellule endoteliali, l’ossido nitrico sintasi, che determina la produzione di ossido nitrico, mediatore endogeno di processi biologici quali la vasodilatazione e la trasmissione degli impulsi nervosi e viene prodotto dall’endotelio come modulatore del tono vascolare. L’endotelio è il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, linfatici e del cuore. La produzione di livelli adeguati di ossido nitrico nell’endotelio vascolare è fondamentale per la regolazione del flusso sanguigno e per la vasodilatazione. Una intuizione fisiopatologica di logica conseguenza è stata quella di somministrare L-Arginina in via esogena nei pazienti con Covid.
L’esperienza del Cotugno
A novembre del 2020 l’Ospedale Cotugno di Napoli, nel reparto Covid guidato dal professor Giuseppe Fiorentino – primario del reparto di pneumologia – aveva iniziato la supplementazione della L-Arginina nella terapia standard nei pazienti Covid ricoverati in sub-intensiva, mosso da un’intuizione e dal supporto di pubblicazioni scientifiche che avvaloravano la tesi che questa molecola svolga un ruolo fondamentale nella funzione endoteliale ed immunitaria. “Sulla base delle evidenze scientifiche a supporto e degli iniziali riscontri positivi ottenuti dalla supplementazione di L-Arginina nella terapia Covid, abbiamo sentito l’esigenza di dare inizio ad uno studio clinico, che ne dimostrasse l’effettiva efficacia – afferma Fiorentino -. Questo studio si è posto come obiettivo primario la valutazione della riduzione del supporto respiratorio nei pazienti ricoverati in sub-intensiva e affetti da Covid severo non associato a linfocitopenia”.
Lo studio
Lo studio, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, che nella sua analisi ad interim ha determinato l’arruolamento di 100 pazienti, ha evidenziato come già dopo 10 giorni dall’inizio della somministrazione, il trattamento con due flaconcini al giorno di Bioarginina (ciascuno contenente 1.66 grammi di L-arginina libera da sali) determini una riduzione del supporto respiratorio in oltre il 70% dei pazienti trattati, con un deciso miglioramento della funzionalità respiratoria. Questo ha comportato anche una riduzione nei tempi di degenza: 25 giorni rispetto a 46 di degenza media dei pazienti in trattamento con il placebo. “La ridotta permanenza in ospedale significa inoltre una minore esposizione ad ulteriori infezioni – continua il professor Fiorentino – poiché la L-Arginina agisce sia sulla risposta immunitaria che infiammatoria.” Inoltre, i benefici nel miglioramento della funzione endoteliale hanno avuto dei risvolti positivi anche nel lungo periodo, nei soggetti affetti da Long Covid. Come indica il dottor Matteo Tosato, geriatra responsabile dell’unità ospedaliera di day hospital post covid del Gemelli, un adeguato programma di riabilitazione personalizzata (respiratoria e motoria), l’introduzione di supporti nutrizionali a base di vitamine e aminoacidi, associati a un corretto stile di vita, rappresentano l’approccio principale alla sindrome post-Covid. Infatti, presso l’ospedale è stato valutato positivamente l’impiego di L-arginina e Vitamina C liposomiale nei pazienti con sindrome post-covid. L’efficacia dell’impiego di questa associazione amminoacidica e vitaminica, ha portato ad una sperimentazione clinica dove vengono valutati i principali parametri del post-covid mediante una serie di test oggettivi e soggettivi. In particolare, oltre al six minute walking test (6MWT), il test della sedia e di esauribilità, che consentono di valutare la capacità di svolgere le normali attività quotidiane o, al contrario, il grado di limitazioni funzionali del soggetto, vengono effettuate anche valutazioni oggettive dei valori sanguigni, quali l’attività dei monociti e la presenza di acidi grassi per un periodo di 30 giorni.