A Napoli la sua famiglia lo ha festeggiato con i fuochi d’artificio: è tornato a casa per Natale il ragazzo sedicenne ammalato di fibrosi cistica, che nello scorso ottobre è stato sottoposto nell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, a un doppio trapianto di fegato e polmoni. L’adolescente era affetto da fibrosi cistica, una malattia genetica che colpisce i polmoni e meno frequentemente, come è invece accaduto a lui, altri organi come il fegato e il pancreas. Quando la malattia si aggrava, il trapianto di uno o più organi coinvolti è l’unica cura possibile. Seguito presso il Centro fibrosi cistica di Napoli dal 2016, a causa del progressivo peggioramento delle sue condizioni, è stato preso in carico dal Centro fibrosi cistica del Bambino Gesù in vista di un programma di trapianto. Poiché la malattia aveva provocato una grave insufficienza respiratoria e danneggiato gravemente anche il fegato, il ragazzo è stato inserito lo scorso marzo nella lista di attesa per un trapianto combinato di polmoni e fegato. Una delle principali complessità di questo tipo di intervento è la scarsa disponibilità di donatori che abbiano caratteristiche immunologiche e dimensionali degli organi tali da permettere il prelievo contemporaneo di polmoni e fegato. L’attesa del trapianto per il sedicenne in cura al Bambino Gesù è stata pertanto lunga, con un progressivo peggioramento delle sue condizioni respiratorie che hanno portato, alla fine di settembre, ad un ricovero urgente in terapia intensiva, con necessità di intubazione e ventilazione meccanica.
Il doppio trapianto
Le condizioni del ragazzo erano davvero critiche quando si è reso disponibile un donatore idoneo al prelievo dei polmoni e del fegato. Grazie all’efficace sistema del Centro nazionale trapianti e dei Coordinamenti regionali che gestiscono la rete italiana per i trapianti, due équipe del Bambino Gesù hanno potuto recarsi tempestivamente nell’ospedale del donatore per prelevare gli organi. Intanto nell’ospedale della Santa Sede, nella sala operatoria della Cardiochirurgia, è iniziato l’intervento di trapianto: sono stati rimossi i polmoni malati, il paziente è stato messo in circolazione extracorporea – grazie alla macchina cuore-polmoni che ne sostituisce temporaneamente le funzioni – e sono stati impiantati i nuovi polmoni arrivati nel frattempo a Roma. Ripresa la funzione dei polmoni e del cuore, è stata interrotta la circolazione extracorporea e realizzato il trapianto del fegato. L’intervento è durato complessivamente 22 ore; se si aggiungono anche le procedure di prelievo effettuate nell’ospedale del donatore, sono state necessarie più di 36 ore. È il primo trapianto combinato di polmoni e fegato eseguito interamente dagli specialisti del Bambino Gesù.
Come sempre avviene per la gestione di casi complessi, sono state coinvolte diverse équipe: cardiochirurghi, chirurghi del trapianto di fegato, cardioanestesisti e cardiorianimatori, anestesisti e rianimatori del trapianto di fegato, pneumologi, pediatri, epatologi, cardiologi, strumentisti della cardiochirurgia e del trapianto di fegato, infermieri del coordinamento trapianti, personale infermieristico della rianimazione cardiochirurgica, tecnici di radiologia e radiologi, tecnici di laboratorio e biologi, autisti e operatori socio sanitari. In totale più di 40 professionisti.
Complessità organizzativa
Oltre alla complessità organizzativa e alla necessità di disporre di tante diverse competenze pediatriche, un altro aspetto critico dell’intervento eseguito è stata la sua lunga durata e la necessità di preservare gli organi in attesa di essere trapiantati: il fegato, infatti, doveva attendere che venisse ultimato il trapianto dei polmoni. Per ottimizzare la riuscita del trapianto è stato quindi utilizzato il sistema di perfusione extracorporea del fegato (una tecnica che permette di prolungare i tempi di ischemia, cioè l’intervallo durante il quale l’organo rimane al di fuori dell’organismo, migliorando la conservazione dell’organo stesso) che lo ha mantenuto “vitale” sino al termine della procedura toracica. Il paziente è stato successivamente trasferito nella rianimazione cardiochirurgica e in seguito presso il reparto di Fibrosi cistica: 54 giorni dopo il trapianto il ragazzo è tornato a casa dove è stato accolto con i fuochi d’artificio dai familiari.
I miracoli esistono
“Oggi posso dire che i miracoli esistono – commenta la mamma del ragazzo -. A Natale 2020 iniziavamo il percorso al Bambino Gesù con l’unica, ma incerta, prospettiva di un trapianto per salvare la vita di mio figlio. Averlo oggi a casa con me è il regalo di Natale più grande e inaspettato. Desidero ringraziare tutti i medici e gli operatori del Bambino Gesù per la loro professionalità e umanità e, soprattutto, per aver creduto con noi, e a volte più di noi, che mio figlio potesse tornare a vivere”. “Nessuno dei risultati eccezionali conseguiti e di cui siamo davvero fieri – sottolinea Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù – sarebbe mai possibile senza la generosità dei donatori e delle loro famiglie, chiamati alla più altruistica delle scelte nel momento più profondo della sofferenza personale. La loro disponibilità è l’elemento indispensabile per l’attività di trapianto di organi che in Italia ogni anno cura più di 3000 pazienti”.