Il settimo e ultimo incontro del ciclo 2021 de “I mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” è stato dedicato alla castagna. I relatori sono stati Renzo Panzacchi, presidente Consorzio castanicoltori dell’Appennino bolognese, il professor Marco Malaguti, associato di biochimica all’università di Bologna, il dottor Guido Mascioli della delegazione Aic di Bologna, e il dottor Ercole Borasio, accademico ordinario dell’Accademia nazionale di agricoltura. Il ciclo di conferenze si è tenuto una volta al mese da aprile a novembre e ha visto Accademia nazionale di agricoltura, delegazioni bolognesi dell’Accademia italiana della cucina e Società medica chirurgica di Bologna insieme per divulgare la buona comunicazione in campo alimentare favorendo la conoscenza al pubblico delle fasi di produzione, qualità salutistiche e storia in cucina delle eccellenze agroalimentari italiane.
Produzioni di qualità
L’Italia è stata a lungo il principale produttore mondiale di castagne e il primo paese esportatore al mondo, ma a partire dagli anni Cinquanta del Novecento l’abbandono progressivo delle aree montane ha portato a una forte decrescita della produzione castanicola passata dalle 556.970 tonnellate del 1928 alle 40mila di oggi (dati Eurocastanea 2019). Oggi la produzione italiana è di ottima qualità, ma non sufficiente a coprire sia la domanda interna che quella esterna. Il nostro Paese esporta castagne e marroni di grande qualità, anche Dop e Igp per il consumo fresco, e importa castagne di qualità inferiore destinate in larga misura alla trasformazione (farine, quinta gamma, snack, ecc…) ma anche per il consumo del fresco presso la Gdo. Nel complesso l’Italia esporta 13mila tonnellate, a fronte di 23 mila tonnellate importate a un prezzo più alto, dati che fanno capire come sia necessario aumentare la produzione di castagne e marroni nazionali (dati Eurocastanea 2019). A livello mondiale il leader è la Cina che produce quasi 2 milioni di tonnellate l’anno, 4 volte rispetto a quello che produceva nel 2000, grazie a un preciso progetto di sviluppo che ha realizzato 1,9 milioni di ettari di nuovi castagneti da frutto in vent’anni, seguito dalla Turchia che produce 63.500 tonnellate annue e poi da Corea del Sud con 53mila tonnellate (dati Fao 2019). Rispetto a un recente passato i produttori europei hanno subito pesanti riduzioni della produzione, tranne il Portogallo che ha saputo intercettare il fabbisogno degli altri paesi avendo avviato, dal 2010, un piano per creare 10mila ettari di nuovi castagneti da frutto. I mercati europei chiedono in particolare prodotti “premium” di alta qualità, come quelli italiani, e negli ultimi anni un rinnovato interesse verso la castanicoltura è presente da parte di tutti gli attori della filiera nazionale (produttori, università, centri di studio e ricerca, istituzioni). Anche sotto il profilo normativo sono in discussione proposte di legge per far ripartire la castanicoltura, soprattutto quella tradizionale dell’Appennino, al fine di favorire sia la rinascita economica che la salvaguardia ambientale di aree boschive e montane fino ad oggi non debitamente valorizzate.
Una presenza costante nell’alimentazione umana dall’età della pietra a oggi
“Per comprenderne pienamente il valore non dobbiamo dimenticare che quella della castagna è stata una presenza costante nell’alimentazione della specie umana, dall’età della pietra e dall’uomo delle caverne, fino ai giorni nostri. Fenici ed Ebrei commerciavano le castagne in tutto il bacino del Mediterraneo, Greci e Romani ne hanno sempre fatto uso, e tal proposito possiamo ricordare lo storico e medico Senofonte che nel V secolo a.C. definì il castagno “l’albero del pane”. L’ampia diffusione del castagno – ha esordito Renzo Panzacchi – nell’antica Roma e in certe aree dell’impero è testimoniata da numerosi autori romani, tra i quali Catone, Virgilio, Tito Livio, Ovidio, Plinio, Columella. Bisogna poi attendere Carlo Magno prima e Matilde di Canossa subito dopo, per assistere in Italia alla valorizzazione colturale del castagno. Una spinta che si esaurirà solamente alla metà del secolo scorso, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando iniziò il grande esodo dalla montagna verso le città. Per la castagna si trattò di una vera catastrofe con una enorme riduzione delle superfici coltivate e della produzione, in un arco temporale molto breve. Poi, a partire dalla fine del secolo scorso, è iniziata una timida inversione di tendenza, che a poco a poco continua a prendere vigore e che consente di guardare al futuro con un motivato ottimismo”.
Fonte di potassio, fosforo e basso contenuto di sodio
“Dal punto di vista strettamente nutrizionale, castagne e marroni non presentano aspetti che possano farli classificare come alimenti di altissimo valore ma possiedono, alcuni aspetti da sottolineare. Le castagne – ha proseguito il professor Marco Malaguti – forniscono energia principalmente attraverso il loro contenuto di carboidrati, prevalentemente di tipo complesso, amido. Tale amido è a sua volta composto per i 2/3 da amilopectina, più ramificata e digeribile, e per 1/3 da amilosio, lineare e meno digeribile. La digeribilità dell’amido è fortemente influenzata dalla tecnica di cottura impiegata, castagne arrostite presentano una quota di amido resistente con proprietà prebiotiche superiore alle stesse castagne preparate con modalità differenti. Il contenuto di lipidi è inferiore ai 2g/100g peso fresco, il che rende castagne e marroni un alimento decisamente magro. Per quanto riguarda la composizione lipidica essa è prevalentemente rappresentata da acidi grassi polinsaturi e contiene anche una quota interessante di fitosteroli. La componente proteica è modesta (circa 3g/100g peso fresco), le proteine hanno un profilo amminoacidico completo, il che determina un indice chimico superiore a quello di molti altri alimenti vegetali. La composizione della parte edibile della castagna comprende poi un quantitativo molto significativo di fibra insolubile. Per quanto riguarda invece il contenuto in micronutrienti, spiccano il contenuto di potassio e fosforo, mentre l’alimento si caratterizza per un contenuto di sodio decisamente molto modesto”.
I prodotti di scarto sono la vera ricchezza nutraceutica della castagna
“Oggi possiamo dire che la vera ricchezza del castagno risiede nei prodotti di scarto della lavorazione: foglie, corteccia, cupole spinose, gusci e tegumento interno sono un concentrato di composti bioattivi. Ciò che un tempo era materia di scarto oggi si presenta quindi come la vera ricchezza di questa pianta. Gli studi più recenti – ha continuato Marco Malaguti – in cui il nostro laboratorio è stato coinvolto, hanno avuto come oggetto di indagine proprio le caratteristiche nutraceutiche di estratti di corteccia, di foglie e cupole spinose che si sono dimostrati possedere spiccate proprietà antiossidanti e antinfiammatorie in modelli cellulari di cellule muscolari cardiache e microglia”.
Oggi la castagna ha il suo giusto riconoscimento in tavola
“La castagna ha nutrito generazioni, specie sulle nostre colline, tanto che il castagno è stato definito l’albero della vita. Di esso nulla veniva gettato: legna, frutti, foglie, tutto serviva, in casa, nell’industria e sulla tavola. Oggi – ha affermato il dottor Guido Mascioli – l’umile castagna ha avuto il suo giusto riconoscimento quale frutto prelibato e base di dolci sopraffini, assurgendo tra i simboli principali dell’autunno in tavola”.
Le attività del castagneto sperimentale didattico di Granaglione
“Il castagneto sperimentale didattico di Granaglione nasce nel 2003 per iniziativa della Fondazione Carisbo, che ne ha la proprietà, nell’ambito del “Progetto Appennino” che prevede il recupero e la valorizzazione della castanicoltura locale. La superficie è di 10 ettari e al suo interno sono presenti un essicatoio tradizionale per la produzione di farina di castagne, un’aula didattica e un mulino da castagne. Dal 2018 – ha concluso il dottor Ercole Borasio – la gestione tecnico-scientifica del castagneto è stata affidata all’Accademia nazionale di agricoltura e i progetti di valorizzazione del parco avviati sono molti dalla produzione castanicola da frutto, a quella da legno, fino all’innovativo progetto “Castagni parlanti” che studia, mediante apposizione di sofisticati sensori su 48 alberi, il sequestro di carbonio da parte dei castagni del parco. Oggi il castagneto è inserito all’interno della “Corona di Matilde”, in territorio Alto Reno Terme, primo paesaggio rurale di interesse storico dell’Appennino bolognese riconosciuto dal MIPAAF, e puntiamo ora al riconoscimento ministeriale della sua qualifica a “Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale”.