La Giornata per la prevenzione cardiovascolare ha rappresentato un momento di riflessione da parte di medici, operatori sanitari, esponenti politici e cittadini sulla centralità strategica della prevenzione nei programmi di sanità pubblica del nostro Paese. Il professor Massimo Volpe ha coordinato i diversi specialisti afferenti alla SIPREC, di cui fanno parte, tra gli altri, cardiologi, nutrizionisti, diabetologi, medici di medicina generale, geriatri, pediatri. “Abbiamo insistito su due importanti tematiche: l’impiego della telemedicina e la promozione dell’aderenza agli stili di vita virtuosi e alle terapie farmacologiche, fortemente penalizzati durante la pandemia – ha dichiarato Volpe –. Con questa iniziativa auspichiamo una maggiore consapevolezza dell’importanza e dell’incidenza delle malattie cardiovascolari nelle vite dei singoli e nell’intera comunità. In un momento in cui la campagna vaccinale contro il Covid inizia a produrre i suoi effetti, dobbiamo ripartire anche sotto il profilo della promozione della salute, quindi della prevenzione”.
I nuovi dati sui fattori di rischio
Secondo i dati Istat del 2017, il 10.4% di tutti i decessi è stato attribuito a malattie ischemiche del cuore (11.3% negli uomini e 9.6% nelle donne) e il 9.2% ad eventi cerebrovascolari (7.6% negli uomini e 10.7% nelle donne). Le malattie cardiovascolari sono tuttora anche la prima causa di ricovero ospedaliero in Italia (14.5% di tutti i ricoveri, circa 1 milione di ricoveri/anno). Nel 2015, 4 italiani su 10, ovvero più di 20 milioni, sono ricorsi alle cure mediche per patologie croniche, di cui quelle di gran lunga più diffuse erano quelle cardiovascolari. La prevalenza di tali fattori di rischio cardiovascolare è risultata piuttosto elevata e complessivamente in costante e continua crescita rispetto a quanto osservato degli anni precedenti. Nel 2017 il 24.8% dei uomini e il 14.9% delle donne hanno riferito abitudine al fumo; inoltre, il 43.0% degli uomini e il 28.4% delle donne sono risultati essere in sovrappeso, mentre l’11.8% degli uomini e il 9.4% delle donne sono risultati obesi. Il 38.1% è risultato non praticare né attività fisica né sport, il 17.8% circa affetto da ipertensione arteriosa e il 5.7% affetto da diabete mellito. Tali ultime percentuali aumentano considerevolmente nelle categorie di soggetti anziani e grandi anziani.
Fattori di rischio e anziani
Le malattie cardiovascolari sono particolarmente critiche nella popolazione geriatrica, che risente del portato della cronica esposizione nel corso della vita ai diversi fattori di rischio. Aumento di peso, inattività fisica, fumo, inquinanti atmosferici, ipercolesterolemia, ipertensione, diabete sono condizioni che esercitano la loro azione lesiva nel corso degli anni. “I fattori di rischio per le malattie cardiovascolari compaiono dai 35-40 anni – evidenzia il professor Giovambattista Desideri, consigliere SIPREC e direttore della cattedra di geriatria, Università degli Studi L’Aquila –. Da qui si evincono due riflessioni: anzitutto, la prevenzione dell’anziano deve iniziare in età giovanile; in secondo luogo, la gestione del paziente in età geriatrica può avvenire attraverso il controllo ottimale della pressione arteriosa per monitorare l’ipertensione, assai diffusa e principale causa di ictus in questi soggetti, oltre che una delle principali cause di declino cognitivo e di demenza”.
L’aderenza terapeutica
“I problemi nell’anziano risultano amplificati dalle molteplici comorbidità – aggiunge il professor Desideri –. Le relative terapie devono essere semplici, al fine di non incorrere in una scarsa aderenza terapeutica. Studi del 2019, infatti, rilevavano che, a fronte di un’aderenza terapeutica ottimale dell’80%, il quadro reale si attestava al 55% per l’ipertensione e intorno al 45% per l’ipercolesteromia. Il Covid ha drasticamente ridotto il rapporto medico-paziente, base dell’aderenza terapeutica, colpendo soprattutto gli anziani, spesso in difficoltà anche nell’accedere a sistemi tecnologici; in alcuni casi si è complicato anche l’approvvigionamento di medicine. Gli effetti possono essere molto gravi: la sospensione dei farmaci per l’ipertensione, se continuativa per circa 6 mesi, aumenta di 2 o 3 volte il rischio di ictus o infarto. Al problema dell’aderenza terapeutica, si aggiunge la riduzione delle nuove diagnosi e dei ricoveri per patologie acute. Dai dati AIFA riferiti ad alcuni farmaci come i doac, gli anticoagulanti orali diretti, emerge che nel periodo di picco epidemico le nuove prescrizioni si sono ridotte di circa il 40%: questo è uno dei dati esplicativi”.
Per il video servizio: https://youtu.be/3hfsqO2qBZA