Partirà a settembre il progetto di ricerca post laurea di Beatrice Federica Luciani, e proseguirà per dodici mesi migliorando, un dettaglio alla volta, il software che accompagna la mano dei neurochirurghi durante i loro interventi. L’obiettivo è quello di conoscere, con sempre maggiore precisione e prima di entrare in sala operatoria, il posizionamento dei network funzionali attivi nel cervello dei pazienti affetti da alcuni tumori cerebrali. E di farlo attraverso la costruzione di una mappa che sia in grado di evidenziare le correlazioni tra le parti del cervello che permettono di parlare, vedere, muoversi. Se ne occuperà la giovane laureata del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC) dell’università di Trento che dovrà affinare e dettagliare, con la supervisione di Jorge Jovicich, responsabile del Laboratorio di immagini di risonanza magnetica di UniTrento (MRI Lab) e di Silvio Sarubbo, direttore dell’Unità operativa di neurochirurgia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, i dati a disposizione dei medici.
La donazione
A rendere possibile questo progetto, che ha come obiettivo quello di migliorare la pianificazione degli interventi neurochirurgici e la conoscenza dei meccanismi di plasticità cerebrale nei pazienti affetti da tumore cerebrale (gliomi), è stata una donazione della fondazione roveretana Paolina Lucarelli Iron, attiva dal 2003 con finanziamenti per migliorare i mezzi e le strutture degli istituti di cura e nella lotta contro i tumori. “Collaboriamo dal 2015 con l’Apss e il team del dottor Sarubbo – spiega il docente di UniTrento Jorge Jovicich – con l’obiettivo di sviluppare ed utilizzare immagini funzionali avanzate del cervello per migliorare la diagnosi e la cura di patologie neuro-oncologiche cerebrali. Questo progetto ha due scopi concreti, che prendono le mosse dai risultati precedenti della nostra collaborazione. Il primo è migliorare l’accuratezza con cui vengono identificate nel cervello le reti funzionali, così da evitarle durante l’intervento chirurgico e per studiare nel tempo la loro riorganizzazione postoperatoria. Il secondo è fare poi in modo che il nostro protocollo di neuroimmagini possa essere usato anche in altre situazioni. Per raggiungere questi obiettivi, è cruciale una collaborazione stretta fra ricercatori UniTrento e clinici dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, devo quindi ringraziare Fondazione Paolina Lucarelli Iron, perché ci ha permesso di aggiungere un altro mattone a questa collaborazione, trovando affinità tra il progetto della nostra giovane laureata e gli scopi previsti dal loro statuto”.
La ricerca
“Abbiamo scelto questo progetto – chiarisce Vivian Jourdan, presidente della fondazione – perché guarda al futuro e perché è coinvolta una brava e giovane ricercatrice. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare un aiuto a progetti specifici, che avessero un inizio e una fine, e che potessero garantire un alto grado di tangibilità. Per questo, molte volte abbiamo comprato e donato apparecchiature o macchinari. Questa è la prima ricerca che finanziamo, e lo facciamo perché vi scorgiamo quelle caratteristiche di efficacia e concretezza che caratterizzano i progetti che abitualmente finanziamo”.
Una concretezza che è resa possibile anche dall’importante coinvolgimento della componente clinica, con medici che sono al tempo stesso i destinatari della ricerca e un imprescindibile tassello per il suo sviluppo: “Quello che Fondazione Paolina Lucarelli Iron rende possibile – spiega il dottor Silvio Sarubbo, direttore dell’Unità operativa di neurochirurgia dell’Apss – è il prosieguo della lunga collaborazione tra la Neurochirurgia Apss e il CIMeC. In questi anni abbiamo raggiunto risultati scientifici di rilievo e la definizione di un circolo virtuoso che lega ricerca, qualità e innovazione nell’assistenza. Tutto questo con l’obiettivo di sviluppare il settore delle neuroscienze cliniche e della medicina di precisione in campo neuro-oncologico, un settore che vede il Trentino e la Apss come una delle realtà più vive del Paese e ben inserita nel contesto internazionale. I contributi alla ricerca come questo, sono essenziali per portare avanti una delle lotte più complesse della medicina, quella alla patologia oncologica. E sono fondamentali per far crescere e trattenere sul nostro territorio giovani ricercatori preziosi e qualificati”.