“Recentemente, numerosi articoli hanno ipotizzato un ruolo dello stress ossidativo nel processo infiammatorio delle polmoniti virali e nelle polmoniti da Covid-19; a tal fine, sono in corso studi controllati per dimostrare questa ipotesi. Disponiamo invece di studi condotti sulle polmoniti batteriche, dove l’associazione tra antibiotico e la N-acetilcisteina (Nac) ha dimostrato di migliorare il decorso clinico dei pazienti proprio grazie all’effetto antiossidante della Nac, che è in grado di modulare il processo infiammatorio che si associa alla polmonite. Ma tra le ‘armi’ che abbiamo a disposizione contro il Covid ci sono anche la vitamina C e D, gli antinfiammatori, i cortisonici, gli anticorpi monoclonali e, ovviamente, i vaccini”.

Parola di Adriano Vaghi, presidente degli pneumologi ospedalieri, tra i firmatari del primo documento di indirizzo per la gestione della malattia da Covid-19, frutto della collaborazione tra Aipo-Its (Associazione italiana pneumologi ospedalieri – Italian Thoracic Society) e Metis (Società scientifica dei medici di medicina generale), in cui ampio spazio è stato dedicato alle terapie adiuvanti nella polmonite da Sars-CoV-2.

I case report

“Come accennavo, sebbene alcuni lavori relativi all’efficacia della N-acetilcisteina sulla polmonite da Covid-19 siano ancora in corso – sottolinea Vaghi – sono stati pubblicati numerosi case report a riguardo. Nel modello dell’Ards (Sindrome da distress respiratorio acuto), che può avere similitudini con la forma avanzata di polmonite da Covid-19, la Nac ha dimostrato, in alcuni studi preliminari, una discreta efficacia e la possibilità di ridurre la permanenza nelle rianimazioni, elemento che in questo momento potrebbe rivelarsi estremamente utile. Inoltre, la Nac è dotata di una spiccata azione antiossidante in quanto rigenera il glutatione, un potente enzima antiossidante il cui deficit predispone a un circolo vizioso che aggrava ulteriormente il danno polmonare. Dunque” si tratta di “una molecola che sicuramente dobbiamo tenere presente, non solo nella fase iniziale della malattia, perché è in grado di riequilibrare un fattore alterato dall’infezione”.

Il ruolo delle vitamine

Anche le vitamine C e D sarebbero di aiuto per i pazienti Covid. “La vitamina D ha un’interessante attività immunomodulante – conferma Vaghi, presidente Aipo – E’ stato infatti dimostrato che le persone con carenza di vitamina D vanno più frequentemente incontro a infezioni influenzali. Tale carenza è particolarmente comune nei soggetti anziani, non a caso i più a rischio di sviluppare una polmonite da Covid. Altra terapia adiuvante interessante è la vitamina C, che ha una spiccata attività antiossidante”.