Si chiama scarpariello ed è la sintesi della cultura napoletana in cucina. È un primo piatto di pasta, è il racconto di una tradizione. Perchè non tutti sanno che lo scarpariello nasce all’inizio del secolo scorso nei quartieri Spagnoli di Napoli. In quel quartiere, un tempo, puntellato di aziende del settore del calzaturificio, lavoravano gli “scarpari” (calzolai, ndr) coi loro raffinati prodotti artigianali. Furono loro ad ideare, più per necessità che per passione da gourmet, la “pasta del calzolaio”. Ricetta veloce e a basso costo: gli ingredienti di base erano sughi avanzati dal giorno prima (spesso della domenica), pasta (o pane) e formaggio, che arrivava agli “scarpari” dai contadini che non avevano altro con cui pagarli.

Una storia di passione

Un secolo dopo la nascita della “pasta del calzolaio” a Napoli non si è ancora affievolita la passione per quella ricetta, che è stata portata alla quintessenza con la scelta dei paccheri e del pomodoro. Si tratta di un sugo a base di pomodorini, arricchito in fase di mantecatura con formaggio grattugiato. Per questo la pasta allo scarpariello è una ricetta “di riciclo”, poiché è possibile recuperare i formaggi avanzati in frigorifero e uniti a qualche pomodoro, che diventa una crema morbida e saporita.
Ebbene, la storica ricetta napoletana sta vivendo una nuova vita grazie a Ciro Di Maio, chef napoletano con la passione della pizza che a Brescia ha aperto il suo “San Ciro”, dove propone le ricette della tradizione campana.

Orgoglio

“Per me è un orgoglio promuovere la tradizione della cucina napoletana da Brescia, dove oggi lavoro – spiega lo chef Di Maio -. I paccheri allo scarpariello sono l’emblema della cucina povera, che però ha dentro tutti i gusti migliori della campania. Quando ho proposto la ricetta, raccontata in stretto napoletano, sul profilo Tik Tok di San Ciro non immaginavo tanto successo. Siamo a 2,1 milioni di visualizzazioni e quasi duemila commenti. Raccontare ai giovani le nostre tradizioni è fondamentale e riuscirci su canali social presidiati dai ragazzini è davvero fonte di speranza per il mantenimento della tradizione culinaria napoletana. Anche perché la bellezza di questo piatto è che è figlio della cultura del riuso degli ingredienti poveri, che uniti insieme creano ricette che il mondo ci invidia”.