“Prendeteci sul serio. È il momento di confermare o ridefinire il modello di università che vogliamo su questo territorio”. Suona chiaro e diretto il messaggio che il rettore Flavio Deflorian ha voluto fare arrivare alle forze politiche impegnate nell’imminente appuntamento elettorale. Un richiamo a mettere l’Università di Trento, la ricerca e la formazione al centro dei programmi e un invito a credere nell’ateneo come volano dell’economia e fattore di apertura e sviluppo per il Trentino. L’ateneo arriva da anni di grande crescita e di scelte caratterizzate da spirito di innovazione. Un “modello UniTrento” premiato da posizionamenti sempre al vertice delle classifiche nazionali e internazionali di qualità. L’ateneo trentino ha da sempre una marcata vocazione internazionale: fa muovere persone, attira e accoglie, amplia gli orizzonti del territorio. Al tempo stesso, ha dato prova di saper accompagnare le necessità della comunità trentina. Lo sforzo di progettazione e di investimento per l’attivazione di medicina e chirurgia, in questo senso, è solo uno degli ultimi esempi di ascolto delle istanze locali.
Ateneo ed autonomia
Ma ciò che contraddistingue l’ateneo trentino è soprattutto l’autonomia, anche in relazione al governo locale. “Essere capaci di dire qualche volta dei “no”, di mettere condizioni, di porsi in un rapporto dialettico rispettoso delle specificità è un grande valore non soltanto per l’ateneo stesso, ma è un esercizio di autonomia e libertà che porta benefici a tutti – ha commentato il rettore -. Il “modello UniTrento” deve però essere consolidato ogni giorno e va tenuta alta l’attenzione. E questo è il momento di farlo perché l’ateneo sta attraversando una fase cruciale della sua storia”.
Delega provinciale e risorse
Il nodo che sta alla base della riflessione sta nell’esercizio e nell’attuazione della delega provinciale sull’università. “Sull’adeguamento delle risorse serve una progettualità condivisa – ha rimarcato Deflorian -. Bene i finanziamenti per le spese straordinarie, come medicina. Ma senza investimenti per garantire il funzionamento di base sarà difficile per l’ateneo mantenere i numeri di oggi. Abbiamo chiuso il bilancio 2022 con un deficit di oltre 4 milioni. E la previsione per il 2023 annuncia uno sbilanciamento ancora maggiore, che al momento stimiamo fra i 10 e i 15 milioni. La causa di questo squilibrio è principalmente da ricercare nel costo del personale. Da un lato c’è l’adeguamento automatico degli stipendi al costo della vita, la cui indicizzazione non è coperta dai fondi statali; dall’altro l’aumento dei numeri del personale legato a progetti di sviluppo finanziati su base meritocratica. Una voce che viene solo parzialmente coperta da stanziamenti ministeriali”.
Costi di gestione
Gli altri maggiori costi sono legati invece in gran parte all’aumento importante dei costi di gestione e manutenzione degli immobili. “La mancanza di un piano edilizio provinciale adeguatamente supportato aggrava la situazione perché non ci consente di agire sull’efficientamento energetico e sulla sostenibilità dei costi di gestione nei nostri edifici”. La questione dei finanziamenti è dirimente: “Noi faremo la nostra parte riducendo i costi. Ma non si può affrontare la situazione solo con i tagli – fa notare il rettore -. Serve un adeguamento strutturale della quota base erogata dalla Provincia autonoma di Trento che copra le maggiori spese di funzionamento. Da quando è stata stabilita 12 anni fa nell’ambito della legge delega, l’ateneo è cresciuto e il contesto economico è cambiato enormemente. Ma da allora la quota base è rimasta invariata”. Vari i fronti su cui UniTrento è a rischio tagli. Uno fra tutti: la difficoltà a garantire il turnover del personale, ma anche un ridimensionamento dei servizi agli studenti e la revisione radicale dell’offerta formativa, compreso lo stop a nuove iniziative proposte dalla comunità trentina”.