Avere una malattia rara non rappresenta di per sé una controindicazione alla donazione di organi. Lo chiarisce uno studio italiano, pubblicato sulla rivista Clinical Transplantation, che ha analizzato circa 500 patologie neurologiche rare a rischio di morte, verificando per ciascuna, l’idoneità al trapianto dei singoli organi: rene, fegato, cuore, polmone e pancreas. Il giudizio è risultato pienamente positivo (rischio standard) nell’85% dei casi e parzialmente positivo (rischio non standard) in un altro 5% di casi. Lo studio, finalizzato ad offrire ai clinici delle linee-guida su come procedere nel caso di soggetti donatori affetti da malattia rara, ha coinvolto il Centro nazionale trapianti, il Consiglio superiore di sanità e numerosi centri trapiantologici, tra i quali l’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Prima firma il professor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’ospedale della Santa Sede.
Quando un donatore è malato raro
Secondo la definizione europea, una malattia è rara quando ha una prevalenza inferiore a 5 casi ogni 10.000 persone. La prevalenza complessiva delle malattie rare con interessamento neurologico nella popolazione è superiore all’1%, una frequenza simile a quella osservata tra i potenziali donatori di organi, secondo l’esperienza del Centro nazionale trapianti. Ad oggi però non esistono linee-guida che suggeriscano ai clinici come procedere: le decisioni operative sono prese empiricamente, caso per caso, sulla base dell’esperienza e della competenza dei medici. Per questo motivo, il Consiglio superiore di sanità ha istituito nel 2019 un gruppo di lavoro per valutare i “pazienti con malattia rara come potenziali donatori di organi”, con l’obiettivo di elaborare raccomandazioni per la gestione dei casi di trapianto in cui i donatori sono affetti da una di queste malattie. Ogni organo disponibile è infatti prezioso per chi è in attesa di trapianto, ma la valutazione del singolo organo deve garantire al ricevente un reale beneficio. Sebbene infatti non esistano trapianti d’organo a “rischio zero”, perché il percorso di ricerca e identificazione del potenziale donatore avviene sempre in condizioni di emergenza, il processo di valutazione dell’organo è volto a minimizzare il rischio di trasmettere una malattia al ricevente del trapianto. Se sia più accettabile il rischio di rimanere in lista d’attesa a tempo indeterminato o quello di ricevere un organo potenzialmente in grado di trasmettere una particolare malattia o comunque considerato non ottimale è una valutazione finale mai semplice. Lo studio in oggetto, e il relativo allegato tecnico, rappresentano uno strumento operativo a disposizione dei clinici, e offrono per la prima volta, per ciascuna malattia rara considerata, un’indicazione dell’idoneità alla donazione e dettagli sull’organo trapiantabile, con il relativo livello di rischio.
Lo studio
Lo studio pubblicato sulla rivista Clinical Transpiantation ha coinvolto un gruppo di lavoro composto da esperti di genetica medica, medicina interna, malattie metaboliche, fisiopatologia, endocrinologia, neurofisiopatologia e altri ambiti clinici. Hanno collaborato il Centro nazionale trapianti, il Consiglio superiore di sanità e numerosi centri trapiantologici: l’ospedale Giustinianeo e l’Università di Padova, l’ospedale R. Binaghi e l’Università di Cagliari, l’ospedale di Bergamo – Papa Giovanni XXIII, l’Ismett di Palermo e Fondazione Ri.med, la Città della salute e della scienza di Torino. Coordinatore del gruppo di lavoro il professor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’ospedale della Santa Sede. Gli esperti hanno analizzato le malattie neurologiche rare più frequenti, procedendo a una rassegna della letteratura disponibile, case report, esperienza personale e professionale specifica durante diversi incontri virtuali e in presenza. Dal database di Orphanet, il network internazionale di riferimento per le malattie rare, sono state selezionate 493 patologie. Si tratta di un numero pari a circa il 10% di tutte le malattie rare (oltre 7000), che comprende però oltre il 95% dei pazienti con le malattie neurologiche rare a rischio di morte. Per ciascuna condizione il gruppo di lavoro ha definito l’idoneità o non idoneità alla donazione e, in caso di idoneità, gli organi potenzialmente trapiantabili. Un primo gruppo di circa 150 patologie era già stato valutato precedentemente in second opinion da un gruppo di esperti per conto del Centro nazionale trapianti e il parere è stato integrato nel documento finale. Le restanti 342 malattie rare sono state esaminate valutandone l’idoneità alla donazione d’organo, con giudizio pienamente positivo (standard) nell’85% dei casi e parzialmente positivo (non standard) in un altro 5% di casi. Per ogni malattia per la quale è stata riconosciuta l’idoneità alla donazione (standard o non standard), è stata anche valutata l’idoneità al trapianto del singolo organo. In conclusione, nei donatori affetti da una malattia neurologica rara a rischio di morte quasi l’80% degli organi è risultato idoneo al trapianto, circa Il 7% è risultato non adatto e circa il 14% adatto come non standard con un rischio accettabile. Per quest’ultima categoria di organi, un follow-up specifico è altamente raccomandato.
Le prospettive
Spiega Bruno Dallapiccola, direttore scientifico del Bambino Gesù e coordinatore del gruppo di lavoro: “Per i pazienti in attesa di un trapianto ogni organo è prezioso, così come preziosa è la generosità dei donatori, che a volte possono essere affetti da una malattia rara, spesso sinonimo di non-conoscenza o scarsa conoscenza. Ecco allora che questo studio ha voluto offrire ai clinici, a livello nazionale e internazionale, una guida utile per orientare le loro scelte, evitando di perdere una quantità di organi potenzialmente utilizzabili. L’85% delle malattie rare analizzate sono risultate infatti assolutamente elegibili per la donazione”. Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti, aggiunge: “Il lavoro realizzato in seno al Consiglio superiore di sanità è particolarmente importante, perché ci ha permesso di integrare i nostri protocolli operativi attualmente utilizzati in caso di donazione di organi. Ampliare il numero di donatori utilizzabili è fondamentale per rispondere alle necessità dei circa 8mila pazienti in lista d’attesa per un trapianto: questo studio ci consente di ribadire che ogni donazione è preziosa e che la Rete trapiantologica italiana mette in campo ogni strumento utile per operare il maggior numero possibile di prelievi garantendo allo stesso tempo i massimi standard di efficacia e di sicurezza dei trapianti, a tutela dei riceventi”.