È in corso presso l’Allianz Mico MICO di Milano il XXV congresso nazionale della Società italiana di pneumologia dal titolo “Pneumologia, il futuro è adesso”, in cui si affrontano i temi della prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie respiratorie.

Le patologie

In Italia, le malattie respiratorie rappresentano la terza causa di morte dopo quelle cardiovascolari e oncologiche, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione e degli effetti nocivi dell’inquinamento, del fumo da tabacco e dei cambiamenti climatici sulla salute polmonare. Le malattie respiratorie croniche comprendono una vasta gamma di patologie, tra cui asma, bronchite cronica ostruttiva (BPCO), fibrosi polmonare, bronchiectasie, malattie professionali polmonari, Osas (sindrome delle apnee ostruttive nel sonno), ipertensione polmonare e diverse malattie polmonari rare. Per l’Oms oltre 300 milioni di persone soffrono di asma e circa 384 milioni vivono con la broncopneumopatia cronica ostruttiva – BPCO. Quest’ultima, in particolare, è responsabile di circa 3,23 milioni di decessi ogni anno, pari al 6% di tutte le morti globali..

Il percorso del paziente con BPCO in Italia

Secondo i recenti dati della International Respiratory Coalition, la bronchite cronica “toglie” il respiro a 3,5 milioni di persone in Italia, e “ruba” oltre 480mila anni di vita in salute, collocando il nostro Paese al secondo posto nell’Unione europea, dopo la Germania, per la peggior qualità di vita causata dalla BPCO. I pazienti affetti da BPCO necessitano di un inquadramento accurato, sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico, con particolare attenzione alla prevenzione dei principali fattori di rischio, primo fra tutti l’abitudine al fumo, riconosciuto come uno dei più significativi. Il pilastro diagnostico della BPCO è la spirometria che, se integrata con l’inquadramento clinico per evidenziare sintomi tipici come dispnea e tosse cronica, permette di identificare la caratteristica principale della patologia: l’ostruzione bronchiale. Sebbene l’inquadramento diagnostico e terapeutico sia principalmente competenza dello specialista, il ruolo della medicina di base risulta altrettanto essenziale. È fondamentale potenziare l’interazione tra medico di base e specialista per garantire una gestione integrata e ottimale della malattia, migliorando così l’efficacia dei percorsi di cura e la qualità di vita dei pazienti.

Il fumo: un’ “epidemia pediatrica” tra vecchi e nuovi pericoli

Nel 90% dei casi la BPCO è fumo-correlata. Secondo l’Oms, il consumo di tabacco rappresenta il primo fattore di rischio delle malattie croniche non trasmissibili a livello globale. Ad oggi 1/3 della popolazione dei Paesi industrializzati fuma e si registra un significativo incremento anche nei Paesi in via di sviluppo. Ogni anno, circa 7 milioni di persone nel mondo vengono uccise dal tabacco. Si può parlare di una vera e propria emergenza sanitaria, che secondo l’Oms ha assunto i tratti di “epidemia pediatrica”, visto che l’età media dei fumatori si è molto abbassata e oggi il fenomeno riguarda anche gli adolescenti. In Italia, ad esempio, un terzo dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni ha provato prodotti contenenti nicotina negli ultimi 30 giorni.  Il tabagismo però è diventato anche un fenomeno che va diffondendosi in modo preoccupante nella popolazione femminile. Uno studio dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano ha dimostrato un aumento di 1 milione di fumatrici in Italia solo tra il 2017 e il 2018.

I numeri

I dati diventano ancora più preoccupanti se si pensa che metà dei fumatori che hanno avuto un infarto o che sono affetti da BPCO continuano a fumare. La diffusione delle sigarette elettroniche in molti casi aggrava questo quadro: i sali di nicotina che vi sono contenuti creano una dipendenza addirittura 4 volte maggiore rispetto alle sigarette tradizionali. Inoltre, desta preoccupazione il fenomeno dei “fumatori duali”, ovvero di coloro che fumano sia le puff bar o i prodotti con tabacco riscaldato che le normali sigarette e per i quali il rischio di ammalarsi di tumore al polmone si quadruplica. In pratica, chi “svapa” cercando di ridurre così il numero delle sigarette adotta un comportamento ancora più dannoso del solo fumo e corre quindi maggiori rischi di ammalarsi di patologie cardiovascolari e oncologiche. Per fronteggiare questi dati, occorre un’efficace strategia di sanità pubblica che mobiliti le istituzioni e gli operatori – sanitari, della sicurezza, della ristorazione e del turismo – oltre a prevedere campagne di prevenzione e sensibilizzazione. Bisogna però tenere in considerazione anche l’efficacia dei nuovi approcci farmacologici: sempre uno studio dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, ad esempio, ha dimostrato che la citisina portare a smettere definitivamente di fumare quasi nel 50% dei casi.