“Non far sentire sole le famiglie”. È stato questo il messaggio principale dell’open day promosso dall’associazione BA.BI.S. Odv insieme al Centro per le malformazioni craniofacciali dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, dedicato alle famiglie e ai pazienti con labiopalatoschisi. Presso la sede dell’ospedale di Roma-San Paolo, oltre 150 persone tra bambini, ragazzi, genitori, medici, infermieri e volontari, hanno partecipato a una giornata all’insegna della condivisione: consulenze mediche gratuite, approfondimenti scientifici, laboratori e attività ludiche per i più piccoli, momenti di confronto tra famiglie e testimonianze di ex pazienti. “L’open day è una iniziativa che ‘cura’ in due direzioni – ha spiegato il professor Mario Zama, responsabile del Centro per le malformazioni craniofacciali attivo all’interno dell’unità operativa complessa di chirurgia plastica e maxillofacciale del Bambino Gesù -. Per le famiglie dei bambini con labiopalatoschisi è un’occasione per non farle sentire sole, per testimoniare che si è parte di una più ampia famiglia acquisita in cui tutti condividono la stessa esperienza di vita. Per il personale sanitario l’ascolto della voce dei pazienti, dei loro bisogni e delle loro aspettative sui trattamenti, è un patrimonio da trasferire a chi dovrà iniziare il percorso di cura”.  

La labiopalatoschisi

La labiopalatoschisi, conosciuta come “labbro leporino”, è la più comune anomalia congenita del cranio e del volto caratterizzata da una comunicazione diretta tra naso e bocca. In Italia colpisce circa 600 nuovi nati l’anno. Le cause della malformazione non sono ancora note. La comunità scientifica ritiene che siano multifattoriali, ovvero riconducibili a una combinazione di fattori genetici e ambientali. L’impatto estetico-funzionale e psicologico è forte, il percorso terapeutico è molto impegnativo, dura 18-20 anni e, nelle situazioni più complesse, è caratterizzato da una lunga serie di interventi chirurgici. Oggi, in Centri specializzati come quello del Bambino Gesù, anche in età pediatrica è possibile utilizzare tecniche di microchirurgia ad altissima precisione per ricostruire difetti molto complessi e di grandi dimensioni. Per le difficoltà del percorso terapeutico, è importante che le famiglie e i pazienti siano sostenuti e accompagnati dalla diagnosi prenatale fino al termine delle cure presso un unico Centro di riferimento e da un team di specialisti – dal chirurgo plastico allo psicologo – che si occupi di ogni aspetto della patologia. L’ospedale pediatrico Bambino Gesù attualmente gestisce la più ampia casistica nazionale di pazienti con labiopalatoschisi: ogni anno vengono presi in carico circa 150 nuovi casi; 2.200, invece, i bambini e i ragazzi seguiti in follow-up.

Il supporto alle famiglie

L’open day dedicato alla labiopalatoschisi è un appuntamento annuale organizzato da BA.BI.S. Odv – La Banda dei Bimbi Speciali, un’associazione di genitori accreditata presso il Bambino Gesù che accoglie famiglie e pazienti adulti ed è un importante punto di riferimento per i pazienti più piccoli. Attraverso le sue attività, l’associazione fa da collegamento tra famiglie e personale sanitario; fornisce informazioni sulla patologia e sulla gestione quotidiana del paziente; finanzia la ricerca scientifica. Nel corso dell’appuntamento di sabato scorso presso la sede di San Paolo si sono alternate consulenze mediche gratuite e approfondimenti scientifici sulla labiopalatoschisi e sulla microchirurgia in età pediatrica a cura degli specialisti del Bambino Gesù, confronto tra famiglie, medici e infermieri, racconto delle esperienze di genitori ed ex pazienti. I più piccoli sono stati coinvolti in momenti di intrattenimento, animazione e spettacoli. Nei laboratori, attraverso il gioco, alcuni pazienti hanno potuto capire come funzionano le terapie che devono affrontare.

L’obiettivo

“L’obiettivo dell’iniziativa è quello di essere accanto a chi vive periodi di difficoltà a causa di patologie complesse, come la labiopalatoschisi o altre malformazioni craniofacciali, che richiedono lunghi e difficili periodi di cura – sottolinea Paola Cascione, presidente BA.BI.S -. È un momento di vicinanza importante che favorisce la relazione tra famiglie e tra famiglie e personale sanitario, in un clima di vero e concreto sostegno reciproco”.