Longeva, fertile, resistente alle malattie e dotata di adattabilità ai ripidi pascoli alpini. Nonostante queste qualità è classificata come ‘vulnerabile all’estinzione’, essendo stati registrati nel 2022 solo 6.057 esemplari. E’ la carta d’identità dei bovini di razza Rendena emersa dallo studio della Fondazione Edmund Mach di Trento in collaborazione con le Università di Piacenza, Padova e Pavia. L’analisi descritta nello studio ha rivelato che questa razza condivide componenti genetiche con altre razze alpine e della valle del Po e possiede una prossimità genetica alla razza Original Braunvieh. Il dato rifletterebbe gli sforzi storici di ripopolamento di questa razza in Trentino, in particolare dopo la seconda guerra mondiale. Nel corso dello studio sono emerse evidenze delle differenze di composizione e della frequenza con cui si rinvengono le varianti di sequenza del Dna, indice del fatto che la selezione praticata dai rendeneri nel corso dei secoli ha lasciato un segno nel genoma, che nel caso della Rendena è orientata alla produzione di latte e carne, all’adattamento all’ambiente alpino e alla risposta immunitaria, quest’ultima probabilmente indotta dalle epidemie di peste bovina che hanno colpito le Alpi qualche centinaio di anni fa. “Preservare queste caratteristiche di adattamento è essenziale non solo per mantenere la diversità genetica e migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti ambientali, ma anche per garantire la resilienza e la sostenibilità del sistema zootecnico e delle comunità che su di esso insistono nell’area della val Rendena – si legge nello studio -. Complessivamente, ad oggi si hanno poco più di 200 allevamenti in tutto il Nord Italia, distribuiti prevalentemente in Trentino con il 32 per cento dei capi, dato riferito ai controlli per il latte 2021, e in Veneto con oltre il 60 per cento dei capi e con presenze minime anche il Lombardia, Friuli, Emilia Romagna e Piemonte”.