Invecchiamento della popolazione e modelli produttivi e di business: qual è l’impatto sul sistema Paese. Ne abbiamo parlato con il professor Luigi Pastorelli che, in merito, ha sviluppato un innovativo modello numerico. “L’elaborazione del nostro modello, che applica la funzione LER-Law Engineering Risk, evidenzia che causa il perdurante invecchiamento della popolazione nel 2050 in Italia sarà disponibile solo il 12% della forza lavoro contro il 20% odierno e rispetto al 27% degli anni 1980 – ha sottolineato il professor Pastorelli -. In ragione di ciò nel nostro Paese nei prossimi decenni non potranno più sussistere causa l’assenza di addetti, alcune attività di carattere produttivo che oggi caratterizzano ancora la nostra economia. In particolare il modello evidenzia che questo gap riguarderà prettamente i seguenti settori, il cui deficit occupazionale tra fabbisogno occupazionale e risorse umane disponibili nel 2050 sarà il seguente: industria metalmeccanica e di trasformazione del 18%, industria dell’allevamento e dell’agricoltura del 35%, edilizia e costruzioni del 45%, alimentare e conserviero del 15% e sanitario e servizi alla persona del 12%. Ma sopratutto il modello evidenzia che in questo contesto di perdurante invecchiamento della popolazione anche l’attuale tasso di immigrazione o un suo auspicabile aumento, non ridurrebbe significativamente il dato sopra evidenziato, in ragione del fatto che altri contesti economici più attraenti a livello europeo determinerebbero che la residua immigrazione proveniente da quei Paesi che al contrario stanno impostando la loro economia su trend di elevata popolazione giovanile, riterrebbe piu’ interessante per condizioni economiche e di status giuridico non scegliere il nostro Paese”.
Alla luce di questi dati, quali sono le conseguenze per l’Italia?
“Il modello da me sviluppato indica che il nostro Paese è destinato a perdere il suo attuale ruolo predominante di economia di trasformazione di materie prime e di primaria industria manifatturiera – ha spiegato il professor Pastorelli -. Il modello evidenzia che questo tsunami sociale determinerà, dal punto di vista economico la perdita del 5% sul Pil e sopratutto la perdita di 5 milioni di posti di lavoro nei suddetti settori tradizionali e maturi, con tutto quello che ne conseguirà in termini di tenuta del nostro sistema di welfare e di carattere pensionistico che dovrebbe inevitabilmente affrontare una ristrutturazione con inevitabile innalzamento dell’età pensionabile ai 75 anni e un profondo ridimensionamento del budget economico destinato alla sanità nell’ordine del 25% e una revisione dell’assistenza sanitaria che non potrebbe piu’ essere data indistintamente a tutti i cittadini, ma i suddetti dovrebbero affrontare inevitabilmente l’adozione di un sistema misto pubblico e privato”.
A suo avviso decisori e cittadini sono consapevoli di questo tsunami?
“Assolutamente no, non c’e consapevolezza. Ma il dato più sconcertante e direi drammatico è che la tendenza ineluttabile della nostra piramide demografica e del suo impatto non solo sul welfare e/o la sostenibilità del ns sistema pensionistico, ma soprattutto sul nostro modello di business e produttivo è completamente ignorato e disatteso dal nostro decisore, il quale non comprende la sollecitazione derivante anche dal recente summit Milan Longevity Summit (che ha visto la partecipazione dei maggiori esperti mondiali di longevità), la cui considerazione basilare è stata che all’invecchiamento ineluttabile delle nostre società occidentali occorre pensare prima che inizi”.
La soluzione qual è?
“ll modello indica che dobbiamo superare la visione sacrale che considera un certo approccio al lavoro come supporto unico e necessario del legame sociale, per giungere ad attività che siano sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale, una attività produttiva che abbandoni totalmente il modello di sito produttivo, per arrivare al concetto di reticolo d’area produttivo. In primis il modello indica come possibile soluzione il mettere a sistema reticolare i nostri asset che sono virtuosi e non suscettivi di concorrenza, ci riferiamo al turismo e ai beni culturali con la consapevolezza che occorre prendere atto da parte di tutti i livelli decisionali del territorio, che luoghi che in passato erano irraggiungibili sono oramai diventati una meta comune, e ciò senza che necessariamente abbia distrutto la loro aura. Il modello dimostra che al contrario di quello che sovente si ritiene la facile accessibilità non corrompe necessariamente la mitologia dei luoghi, ma sopratutto non riduce le popolazioni del luogo ad essere replicanti, come al contrario una diffusa sociologia ha sempre ritenuto”.
La sua analisi ancora una volta è totalmente nuova, direi che ci consegna un punto di vista laterale al problema della correlazione tra invecchiamento impatto economico e business.
“Lei, conoscendo e seguendo da tempo la nostra attività di ricerca, ha perfettamente colto il senso della mia analisi, una analisi che applicando la metodica LER-Law Engineering Risk, è scaturita, come spesso avviene da una riflessione iniziale. Nello specifico mi riferisco alla riflessione di una cara amica Anna Capozzi riferita a “quello che oggi rappresenta per le persone l’approccio alla età della pensione, a cui tutti piu’ o meno ambiscono per indossare nella quotidianità abiti sportivi e colorati assai vivaci da essere una raffigurazione della gioia e della spensieratezza dell’ adolescenza“, su questa riflessione fornitami dalla mia amica Anna ho dedotto che questa fase della vita poteva divenire non solo una nuova modalità organizzativa ma soprattutto un nuovo modello di business, e partendo da questo spunto iniziale ho sviluppato il presente modello con l’ausilio dei colleghi del Gruppo Schult’z. Un modello le cui principali risultanze sono lieto di avere potuto presentare in anteprima ai suoi lettori”.