E’ stato presentato a Roma il X Rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia. Dal 2015, la Federazione UNIAMO – unico caso in Europa – raccoglie e aggrega tutti i dati disponibili tra gli stakeholders, per dare vita a un documento che offra una visione globale del sistema malattie rare, partendo dal punto di vista del paziente. “Quest’anno una doppia ricorrenza: dieci anni del Rapporto MonitoRare e 25 anni di UNIAMO, celebrati da una moneta commemorativa emessa dall’Istituto Poligrafico e Zecca di Stato – ha ricordato la presidente di UNIAMO, Annalisa Scopinaro -. Tappe che sanciscono l’importanza della rappresentanza delle persone con malattia rara in Italia, attraverso la storia della nostra Federazione e con l’azione concreta di advocacy e ‘spinta del sistema’ rappresentata dal Rapporto”.

I numeri

Nella decima edizione del Rapporto “Monitorare” si confermano innanzitutto alcuni punti di forza del sistema delle malattie rare in Italia, a cominciare dalla disponibilità di trattamenti: nel 2022 sono state erogate 11,4 milioni di dosi di farmaci orfani, 3 mln in più dell’anno precedente, con una crescita del numero di farmaci per le malattie rare compresi nell’elenco della Legge n. 648/1996 dai 31 del 2018 ai 57 del 2023 (erano appena 13 nel 2012). Eccellenza europea per lo screening neonatale esteso: con 49 patologie screenate, infatti, il programma di Sne è attivo a fine 2023 a pieno regime in tutte le Regioni/Province autonome e si può considerare raggiunta l’omogeneizzazione delle malattie metaboliche ereditarie inserite nei pannelli di screening a livello regionale ai sensi della Legge 167/2016. Più della metà delle Regioni e delle Province autonome inoltre, hanno ampliato, spesso nell’ambito di progetti sperimentali, il panel di malattie considerate anche ad alcune altre patologie. Nota dolente il mancato ampliamento del panel, sancito dagli emendamenti alla 167/2016 approvati nel 2020, che sono ancora al passo dietro l’approvazione del Nomenclatore tariffario. Aumenta la copertura dei registri regionali delle malattie rare che sale a 0,83% (0,87% nei minori di 18 anni). Nella prima edizione del Rapporto MonitoRare nel 2015 era lo 0,30%. Stabile, dopo il leggero aumento fatto registrare nell’anno 2021, il peso degli studi clinici autorizzati sulle malattie rare sul totale delle sperimentazioni cliniche (30,6%). Da registrare positivamente anche il fatto che, a fine 2023, sono 17 le Regioni e Province autonome che hanno inserito il tema delle malattie rare nell’ambito degli strumenti generali di programmazione sanitaria (vigenti o in via di approvazione nel 2023) o che hanno definito un Piano regionale malattie rare.

Un altro importante segnale positivo, che incide anche sul mondo delle malattie rare, viene dal processo di implementazione del Pnrr che, non solo ha portato all’avvio della riforma finalizzata alla riorganizzazione della rete degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ma ha anche promosso il potenziamento delle attività di ricerca sulle malattie rare attraverso la realizzazione di due bandi di ricerca su base competitiva che hanno portato al finanziamento di n. 126 progetti (74 sulle malattie rare e 52 sui tumori rari) con un contributo di 100 milioni di euro.

L’altra faccia della medaglia

L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle criticità che persistono, come i tempi lunghi di attuazione dei provvedimenti relativi alle leggi e disposizioni riguardanti le persone con malattia rara. Permangono, inoltre, ancora anche rilevanti disomogeneità territoriali nell’accesso ai servizi sanitari, socio-sanitari e sociali. A questi aspetti si aggiunge anche un altro elemento di preoccupazione legato all’impatto economico delle Atmp, per le persone con patologie rare e ultra-rare, significa l’accesso a cure che hanno dato prova di enorme vantaggio clinico. Ad oggi, tutte le Regioni e Province autonome con una sola eccezione, hanno provveduto a recepire con proprio atto formale il “Piano nazionale malattie rare 2023 – 2026” e il documento per il “Riordino della rete nazionale delle malattie rare”. Sono, però, solo 16 le Regioni che hanno già provveduto, generalmente entro il termine previsto del 31 gennaio 2024 all’individuazione di centro di coordinamento regionale, centri di riferimento e centri di eccellenza per le malattie rare in accordo ai contenuti del documento di riordino della rete nazionale malattia rare. Infine, sono ad oggi appena 6 (su 16, in quanto dal riparto sono escluse le Regioni a statuto speciale e le Province autonome con la sola eccezione della Sicilia) le Regioni che hanno già provveduto ad impegnare con atto formale le risorse assegnate per l’anno 2023 per l’attuazione del “Piano nazionale malattie rare 2023-2026” e del documento “Riordino della rete nazionale delle malattie rare”.

Le conclusioni

“Nel Rapporto – ha concluso Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO – sono evidenziate luci e ombre del nostro sistema: attività che vengono svolte a isorisorse, altre che hanno fondi dedicati ma con un utilizzo frammentato, personale dedicato con età media sempre più alta e senza ricambio generazionale. A questo si aggiunge la necessità per il sistema salute di fare i conti con il DM 77/2022, che non ha al momento integrazioni percepibili con le reti già esistenti (malattie rare, oncologiche, trapianti, ecc.).  In Italia abbiamo buone leggi ma siamo lenti nella loro realizzazione. La spinta politica c’è, le approvazioni all’unanimità dei provvedimenti che ci riguardano sono un chiaro segnale di concordanza anche nell’ambito di pensieri molto diversi, ma manca poi la concretizzazione nella realtà quotidiana. La nostra esortazione è “rimbocchiamoci le maniche. Cerchiamo, ognuno di noi, di fare la nostra parte in maniera sinergica e coordinata. Prendiamo spunto dai tanti obiettivi del piano, scegliamone uno, facciamolo nostro, stringiamo accordi e procediamo con la sua realizzazione, creando collegamenti fra istituzioni pubbliche, rappresentanti di associazioni e industrie private”.