La pandemia ha prodotto effetti negativi sui bilanci delle società partecipate a controllo pubblico, con un valore complessivo delle perdite 2021 più che raddoppiato rispetto al 2019. Si registrano comunque segnali di ripresa rispetto al 2020, con gli utili che restano prevalenti sulle perdite. Migliorano inoltre i valori della produzione, che si accompagnano a una crescita dei relativi costi e alla conseguente riduzione del margine operativo lordo. E’ quanto delineato dalla Corte dei conti nell’analisi, approvata con delibera n. 10/SEZAUT/2024/FRG, che la sezione autonomie ha condotto sulla diffusione, la rilevanza economica e l’andamento del fenomeno delle partecipazioni pubbliche (6.558 organismi censiti per gli enti territoriali e 129 per gli enti sanitari), tenendo anche conto dei risultati emersi dalle verifiche delle sezioni regionali di controllo.
I controlli
In base all’articolo 5 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, la verifica della Corte sulla legittimità della detenzione della partecipazione e sulla rispondenza alle esigenze istituzionali avviene anche in una fase cosiddetta “prodromica”, in cui sono esaminate le delibere di costituzione di società di capitali o di acquisizione di partecipazioni in società già esistenti, con la previsione di una motivazione rafforzata legata alla sostenibilità finanziaria della scelta e alla sua compatibilità con i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Dall’analisi delle società controllate che ricevono almeno un trasferimento in conto esercizio dall’ente partecipante (il riferimento particolare è agli oneri per contratti di servizio e ad altri contributi) è emerso che nel 2021 alcune società operanti nell’ambito dei servizi pubblici locali e di quelli strumentali non sono riuscite, in assenza di sufficienti fonti di ricavo aggiuntive, a coprire i costi della produzione nonostante le erogazioni, con la conseguente chiusura in perdita.
L’osservazione sulla revisione periodica e sulle misure conseguenti assunte dalle amministrazioni socie ha mostrato, nell’88 e nell’86% dei casi rispettivamente esaminati per gli enti territoriali e per quelli sanitari, una maggiore frequenza di partecipazioni mantenute senza l’adozione di interventi specifici. Rimane invece residuale il mantenimento della partecipazione con azioni di razionalizzazione (2,6% dei casi per le partecipazioni detenute dagli enti territoriali e 2,7% per gli enti sanitari).
I casi di dismissione
I casi di dismissione delle partecipazioni da parte degli enti territoriali ammontano complessivamente al 9,4%, con una prevalenza delle cessioni a titolo oneroso. Si osservano, inoltre, casi di recesso dalla società, di scioglimento o messa in stato di liquidazione e di perdita della partecipazione indiretta a causa della cessione o liquidazione della società “tramite”. Sempre per gli enti territoriali, i piani di riassetto prevedono la fusione per incorporazione o per unione in altra società delle partecipazioni detenute. L’intervento prevalente per gli enti sanitari riguarda, analogamente, la cessione a titolo oneroso della partecipazione e lo scioglimento della società. Il controllo sugli affidamenti dei servizi agli organismi partecipati, conclude la Corte, evidenzia la numerosità nel 2021 delle procedure riferite agli enti territoriali (18.821 affidamenti), per un impegno annuale superiore ai 18 miliardi di euro. Sono invece 189 gli affidamenti riferiti agli enti sanitari, per 745,5 milioni complessivi. In linea con gli anni precedenti, l’affidamento diretto rimane la modalità più utilizzata sia per i servizi pubblici locali che per quelli strumentali e resta, invece, residuale il ricorso alle procedure competitive.