Le malattie rare, nonostante la loro singolarità e la bassa incidenza nella popolazione, rappresentano una sfida significativa per il sistema sanitario, poiché spesso richiedono cure specialistiche e costose. Nel contesto della Regione Lazio, come in tutta Italia, la gestione di queste condizioni richiede un approccio olistico e coordinato. Il recente Piano nazionale delle malattie rare e l’innovazione terapeutica offrono un’opportunità concreta per migliorare la vita dei pazienti affetti da tali patologie. Uno degli aspetti cruciali del Piano è l’accento posto sull’innovazione terapeutica, grazie agli sviluppi tecnologici e scientifici, ma anche sul supporto psicologico, sociale ed economico ai pazienti. Questi i temi sono stati affrontati nel convegno dal titolo Malattie rare nella Regione Lazio: dal nuovo Piano nazionale delle malattie rare all’innovazione terapeutica, promosso da IISMAS e organizzato da DreamCom, con il patrocinio della Regione Lazio, e il contributo non condizionante di GSK. L’incontro, che ha avuto sede presso il Palazzo della Regione Lazio, ha visto il confronto tra rappresentanti istituzionali, esperti del settore e associazioni dei pazienti, che hanno analizzato le sfide e le opportunità legate al settore delle malattie rare, il Piano nazionale e le nuove prospettive terapeutiche.
Il professor Aldo Morrone (Presidente IISMAS – Istituto Internazionale Scienze Mediche, Antropologiche e Sociali e già Direttore Scientifico IRCCS IFO Istituto San Gallicano) ha moderato l’evento, all’inizio del quale ha portato il suo contributo Beatrice Lorenzin: “Abbiamo fatto in questi anni moltissime cose, anche in continuità nelle legislature che si sono succedute, con il Piano nazionale, l’accesso alle terapie, il lavoro sui farmaci orfani… ma ci sono nuove sfide in questo ambito della medicina e del trattamento dei pazienti, anche dal punto di vista della formazione dei medici e pediatri di famiglia, quello che è il front office del paziente e della malattia. Nuove sfide che riguardano tutte le patologie e in particolare quelle rare, comprendono l’approvvigionamento dei nuovi farmaci, l’accesso e lo sviluppo di nuove terapie, l’impatto della digitalizzazione, la gestione dei dati, l’intelligenza artificiale, che possono migliorare la medicina preventiva, la programmazione sanitaria e aiutare lo sviluppo di trial clinici”.
“Quasi mai la malattia rara è una malattia monosintomatica che interessa un aspetto, ma interessa la totalità della persona e, nella misura in cui coinvolge i diversi organismi e organizzazioni interne, coinvolge il cardiologo, il gastroenterologo, l’immunologo, la genetica, la medicina di laboratorio – ha affermato l’onerevole Paola Binetti -. Il malato non sempre riesce a identificare, in questa ricchezza di apporti, chi farà la sintesi e qual è il suo medico di riferimento; una sintesi non solo di conoscenze e dati, ma una sintesi di relazioni e rapporti. La malattia rara richiede una rete multidisciplinare in cui ognuno apprende dall’altro, meccanismi e modelli che consentano ai medici di parlare tra loro. Nel contesto delle malattie rare serve una diagnosi tempestiva. Uno dei punti di forza della Legge sulle malattie rare era lo screening neonatale esteso, per il quale saremmo potuti riuscire a elaborare una conoscenza molto ampia della condizione di salute del bambino. Nonostante ci sia la legge, lo screening neonatale non funziona”.