Arriva un freno alla fuga degli infermieri italiani in Svizzera. Un tentativo di arginare un fenomeno che sta assumendo dimensioni sempre più grandi. Sono infatti oltre 90mila i transfrontalieri che lavorano oltreconfine, di questi 5mila sono infermieri. La maggior parte di loro partono dalle zone di confine per andare a lavorare specialmente in Canton Ticino. Il motivo è semplice: lo stipendio di un infermiere nel servizio pubblico svizzero oscilla, a seconda dall’anzianità, tra i 66mila (circa 68mila euro) e i 95mila franchi (circa 98mila euro). Mentre nel privato si attesta sui circa 72mila franchi (circa 74mila euro). Stipendi di gran lunga superiori rispetto a quelli italiani.

La storia

Tra loro c’è Stefano Colombo. Lui vive in Italia, per la precisione a Montano Lucino, nella provincia di Como, e tutti i giorni va a lavorare in Svizzera. Prende la sua macchina e varca il confine dal 2013 per andare a lavorare. Sua moglie è una infermiera nel Bel Paese: lei guadagna 1500 euro, lui 5.500, più del triplo. Stefano racconta a LaPresse di aver cercato lavoro in Svizzera vista “la scarsa prospettiva economica in Italia”. Non è solo lo stipendio dice; ci sono altri fattori positivi come “gli scatti di anzianità ogni anno, l’applicazione del contratto, i corsi i master vengono riconosciuti dal punto di vista economico, questo è sicuramente più edificante”.

La mossa del governo

Ecco quindi la mossa del governo che cerca di fermare chi, come Stefano, ha trovato fortuna in Svizzera. Nella legge di bilancio è spuntata una norma che stabilisce una nuova tassa che sarà applicata ai lavoratori che esercitano la propria professione nella confederazione elvetica. L’importo dell’imposta sarà calcolato in base al reddito netto annuale del contribuente e varierà tra il 3% e il 6% affinché il lavoratori versi una quota di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale, calcolata sul reddito. La norma riguarda Valle d’Aosta, Piemonte, Provincia autonoma di Bolzano e la Lombardia, che ha il numero nettamente maggiore di transfrontalieri. Il contributo andrà “prioritariamente a beneficio del personale medico e infermieristico, quale trattamento accessorio, in misura non superiore al 20 per cento dello stipendio tabellare lordo”. Una soluzione che non però non convince i diretti interessati. “La tassa che il governo ha proposto per bloccare i trasfrontalieri non serve a nulla, non fermerà l’emorragia degli infermieri verso la Svizzera”, spiega a LaPresse Donato Cosi, coordinatore regionale Nursind Lombardia e membro della direzione nazionale del sindacato.

Incentivare il benessere

“Per far rimanere gli infermieri in Italia bisogna incentivare il benessere lavorativo: oggi in Italia lavorano a ritmi insostenibili, a situazioni di demansionamento, risolvendo situazioni che dovrebbero gestire gli Oss. Inoltre in Svizzera ci sono scatti di anzianità ogni anno, cosa che in Italia non esiste”, aggiunge Cosi. I cinquemila infermieri transfrontalieri, secondo i dati forniti a LaPresse dalla Uil Fpl del Lario e Brianza, in Svizzera rappresentano una forza lavoro pari a circa il 35% dei dipendenti delle aziende sanitarie delle città lombarde di confine, cioè Varese, Lecco, Como e Sondrio. In Canton Ticino nelle strutture private circa il 70-80% di infermieri sono italiani, lo stesso vale per gli operatori socio sanitari, in Svizzera chiamati assistenti di cura, dove gli italiani sono il 50-60%.