Abbasso il testosterone! è un progetto di formazione sul tumore alla prostata rivolto ai team multidisciplinari che seguono il percorso di cura del paziente, ideato da Over Group e realizzato grazie al contributo incondizionato di Recordati. L’obiettivo del progetto è quello di stimolare un confronto tra oncologi, urologi e radioterapisti sulle proprie esperienze vissute nella pratica clinica, attraverso l’elaborazione di 10 casi clinici didattici in forma di quiz. In Italia il tumore della prostata è la neoplasia più frequente tra i maschi (18% di tutti i tumori sviluppati dalla popolazione maschile, ponendosi al primo posto per numero di diagnosi), a partire dai 50 anni di età mostrando negli ultimi vent’anni una tendenza all’aumento, in concomitanza con la maggiore diffusione del test del Psa. I nuovi trattamenti chirurgici, radioterapici e farmacologici, offrono ai pazienti possibilità di cura e di prolungamento di sopravvivenza alla malattia, tuttavia, è molto importante che il paziente con questa patologia venga seguito da un team multidisciplinare che possa tenere sotto controllo tutti i fattori di rischio, legati anche a possibili comorbidità e quindi possa predisporre un percorso terapeutico assistenziale adeguato.
Trattatamento modificato
“Negli ultimi anni il trattamento del tumore della prostata si è profondamente modificato, grazie all’introduzione di farmaci innovativi e allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche integrate. In questo scenario l’ADT (Androgen deprivation therapy) con agonisti o antagonisti del GnRH (gonadotropin releasing hormone), si conferma un gold standard terapeutico sia nella malattia ormosensibile che nella malattia resistente alla castrazione. L’effetto biologico dell’ADT è quello di ridurre efficacemente i livelli circolanti del testosterone, ormone che stimola la crescita delle cellule del carcinoma prostatico. Da molti decenni è noto che l’inibizione della sintesi del testosterone interferisce con la crescita del tumore della prostata e migliora in maniera significativa gli outcome clinici e le prospettive di sopravvivenza. Oggi la terapia medica per il carcinoma della prostata prevede un ampio armamentario terapeutico che include chemioterapia, agenti ormonali di nuova generazione, PARP-inibitori e terapia radio metabolica. L’utilizzo dell’ADT è raccomandato dalle principali linee guida internazionali, sia in monoterapia che in combinazione con altri agenti terapeutici. Il raggiungimento e il mantenimento del testosterone a livelli di castrazione, rappresenta quindi un obiettivo terapeutico comune a tutti i setting di malattia, inclusa la fase metastatica resistente alla castrazione. In ambito clinico è opportuno monitorare non solo l’efficacia antitumorale ma anche gli effetti metabolici dell’ADT, in modo da massimizzare il beneficio terapeutico complessivo”, ha detto Riccardo Ricotta, responsabile Unità operativa di oncologia IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni.
Tumore più frequente
“Il carcinoma prostatico è divenuto, in molti Paesi occidentali, il tumore più frequente nella popolazione maschile. Il costante aumento dell’incidenza è dovuto in gran parte alla sempre maggiore diffusione del dosaggio serico del PSA in termini di screening opportunistico con conseguente diagnosi anche di tumori clinicamente poco significativi. Pur risultando al primo posto in termini di diagnosi, in Italia il tumore della prostata occupa solo il terzo posto come causa di mortalità per neoplasie, interessando, nella quasi totalità dei casi, uomini con età superiore ai 70 anni. L’eziologia del carcinoma prostatico è rappresentata da una complessa interazione di fattori genetici ed ambientali. Per quanto riguarda la familiarità si stima che il rischio sia almeno raddoppiato nel caso in cui un familiare di primo grado risulti affetto da questa neoplasia con un rischio che aumenta di 5-11 volte se due o più̀ parenti di primo grado ne sono affetti. Solo un piccolo sottogruppo di pazienti affetti da carcinoma della prostata (meno del 15%) ha una malattia su base ereditaria. Tra le mutazioni geniche più frequenti, ritroviamo quelle a carico di BRCA2, con una percentuale progressivamente maggiore in funzione dello stadio e della fase di evoluzione della malattia. Pertanto, oggi, nel trattamento della malattia in stadio avanzato oltre alla terapia di deprivazione androgenica, ai nuovi agenti ormonali e alla chemioterapia, ritroviamo terapie efficaci in caso di mutazioni geniche, i PARP inibitori. In questi casi la valutazione multidisciplinare del paziente consente di personalizzare il trattamento per ogni singolo caso”, ha spiegato Marcello Scarcia, responsabile Uos urologia incologica Ente Ecclesiastico Ospedale Regionale F. Miulli.
L’incidenza in Italia
“In Italia il cancro della prostata è il tumore più diffuso nella popolazione maschile con un’incidenza di circa 36.000 nuovi casi ogni anno. Ad oggi nel percorso terapeutico del paziente affetto da tumore della prostata un approccio multidisciplinare risulta imprescindibile, per tale ragione è necessario che urologi, oncologi medici e oncologi radioterapisti lavorino in equipe, coadiuvati anche da altre figure professionali al fine ultimo di delineare un corretto iter terapeutico personalizzato per il paziente. L’approccio multidisciplinare e le innumerevoli innovazioni sul fronte tecnologico e farmacologico hanno portato ad un netto vantaggio nella sopravvivenza di questi. Questo progetto si prefigge di discutere diverse tematiche di pratica clinica quotidiana in modo interattivo e multidisciplinare, in particolare verrà approfondito l’utilizzo della terapia androgenica deprivativa che ad oggi risulta un aspetto cardine nella gestione del paziente affetto da tumore della prostata in diverse fasi della malattia”, ha dichiarato Luca Triggiani, radioterapista Spedali Civili di Brescia.