È tra i fattori di rischio modificabili, quello che più impatta sulla salute. Ma nonostante anni di campagne e di warning, i fedelissimi alle bionde in Italia superano ancora i 12 milioni (24,2% della popolazione), sono più uomini che donne, il 43% circa concentrati nella fascia d’età 25-44 anni e soprattutto con una insidiosa tendenza all’aumento dagli anni della pandemia. Triplicate in appena 3 anni anche le persone che fumano sigarette a tabacco riscaldato (3,3% nel 2022, contro l’1,11% del 2019) e considerate dal 36,6% delle persone ‘meno dannose’ delle sigarette tradizionali. “Al fumo di tabacco – ricorda il professor Giorgio Sesti, presidente della Società italiana di medicina interna – sono attribuiti circa 6 milioni di decessi l’anno nel mondo, in pratica uno ogni 6 secondi (dati Oms). Il fumo infatti può danneggiare l’organismo in tantissimi modi, portando allo sviluppo non solo di tumori ma aprendo la strada anche a tante patologie croniche. Per questo può essere considerato uno fattore di rischio ‘internistico’, tra i più temibili e dunque da ‘attenzionare’ e marcare stretto. Tra l’altro i suoi effetti sfavorevoli interessano non solo nei fumatori, ma anche in chi è esposto al loro fumo passivo”. Aumento dello stress ossidativo, infiammazione, danno diretto al Dna sono alcuni dei meccanismi attraverso i quali si declina il danno da sigarette; le tossine aspirate nei polmoni, attraverso il torrente sanguigno, arrivano in tutte le parti del corpo. Ecco perché il fumo può essere considerato a tutti gli effetti il nemico numero uno degli ‘internisti’, oltre ovviamente della salute dei fumatori. “Gli effetti del fumo – spiega il professor Sesti – si fanno sentire sull’apparato cardiovascolare, dove contribuiscono all’aumento di aneurismi dell’aorta, cardiopatia ischemica, ictus e arteriopatie periferiche. Sull’apparato respiratorio, dove provocano un aumento di bronco-pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), asma e polmoniti. Importante l’impatto del fumo materno sul sistema riproduttivo con un aumento delle morti fetali, di nati morti e di ritardato concepimento; mentre nell’uomo è un importante fattore di rischio per disfunzione erettile”.
“Per non parlare poi dei tumori- ricorda il professor Nicola Montano presidente eletto della Società italiana di medicina interna –. Il 30% circa di tutti i decessi correlati a neoplasie (e fino all’80-90% di quelli per tumore del polmone) è attribuibile al fumo, chiamato in causa direttamente per i tumori di orofaringe, laringe, esofago, polmone, cervice, rene, vescica, pancreas, stomaco e per le leucemie. Accanto a questo vanno aggiunte anche cataratta, parodontopatia, osteoporosi e aumentato rischio di fratture del femore.” Per i suoi effetti sul sistema immunitario il fumo è un fattore di rischio per infezioni (soprattutto respiratorio), ma anche per malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide. Terribile infine l’impatto delle sigarette sulle persone con diabete, nelle quali aumenta il rischio di nefropatia, perdita della vista, arteriopatia e neuropatia periferica (fino all’amputazione); recenti studi imputano al fumo anche un aumentato rischio del 30-40% di sviluppare diabete, rispetto ai non fumatori.
Un discorso a parte merita il cervello di adolescenti e giovani, molto più vulnerabile alle conseguenze negative della nicotina, perché più prono a sviluppare dipendenza, deficit di attenzione, disturbi dell’umore; l’esposizione alla nicotina può fare inoltre da primer all’impiego di altre sostanze da abuso e riduce il controllo degli impulsi. “Non basta lanciare l’allarme – afferma il presidente Sesti – servono anche iniziative concrete e lanciare delle ‘ciambelle di salvataggio’ per aiutare le persone ad abbandonare le sigarette. Servono più centri anti-fumo, in grado di fare un counselling appropriato e instradare i fumatori verso il miglior percorso di cessazione.” E la soluzione non può essere affidata alle ‘alternative. “I CDC americani – ricorda il professor Sesti – mettono in guardia dal fatto che l’uso di ‘e-cig’ può aumentare il rischio di utilizzo di nicotina e altri prodotti di tabacco, portando addirittura gli ex fumatori a ricadere nella trappola della nicotina e del tabacco, ritardano la cessazione del fumo tra i fumatori attivi. Anche nel caso delle e-cig, c’è anche il rischio dell’esposizione all’aerosol ‘passivo’, il cui perimetro di rischio non è ancora stato definito con certezza. Bisogna insomma continuare a fare ricerca per studiare a fondo l’impatto di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato sulla salute”.
Educare e accompagnare
“Ogni medico – afferma la professoressa Paola Andreozzi, Dipartimento di medicina interna e malattie infettive dell’Azienda Ospedaliero-universitaria Policlinico Umberto I – ha il dovere non solo di educare ma anche di accompagnare ogni paziente all’allontanamento dall’abitudine tabagica, visto che il fumo è un importante fattore predisponente allo sviluppo delle patologie croniche sopracitate. Alla ricerca di soluzioni alternative al fumo negli ultimi anni si è assistito ad un incremento dell’utilizzo di sigarette elettroniche/Heat not Burn (HnB, prodotti a tabacco riscaldato), a volte addirittura consigliati dal personale sanitario, senza conoscere a fondo l’impatto sulla salute. È invece essenziale avere una conoscenza approfondita di queste condizioni, della loro gestione a lungo termine e dei farmaci che possono essere utilizzati per prendere le distanze dalle sigarette. Molti di questi pazienti hanno anche comorbilità che complicano ulteriormente la loro cura”.