Il tumore del polmone a piccole cellule (microcitoma) colpisce ogni anno, in Italia, oltre 6.000 persone, che costituiscono circa il 15% del totale delle nuove diagnosi di carcinoma polmonare. Si tratta di una delle forme più aggressive di questa neoplasia, che per trent’anni ha visto come unico standard di cura la chemioterapia. Da oggi è disponibile per i pazienti del nostro Paese una nuova arma, che consente di migliorare in modo significativo la sopravvivenza a lungo termine fino a triplicarla. L’Agenzia italiana del farmaco ha infatti approvato la rimborsabilità di durvalumab, farmaco immunoterapico sviluppato da AstraZeneca, per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule in stadio esteso in combinazione con la chemioterapia (etoposide associato a cisplatino o carboplatino, a scelta del clinico).

Aggressività

“Il carcinoma del polmone a piccole cellule è una forma tumorale molto aggressiva, che tende inizialmente a rispondere positivamente alla chemioterapia per poi andare incontro ad un inevitabile e rapido peggioramento – afferma Andrea Ardizzoni, professore ordinario di oncologia medica all’Università di Bologna e direttore dell’oncologia medica dell’Irccs azienda ospedaliero-universitaria di Bologna Policlinico Sant’Orsola Malpighi -. A differenza di quanto avviene nel tumore del polmone non a piccole cellule, che include anche una percentuale di non fumatori, in quello a piccole cellule la quasi totalità dei pazienti è tabagista”. A settembre 2020, la combinazione di durvalumab con la chemioterapia è stata approvata dall’agenzia regolatoria europea in base ai risultati dello studio internazionale di fase 3 Caspian, che ha coinvolto circa 800 pazienti con microcitoma del polmone in stadio esteso, arruolati in oltre 200 centri di 23 Paesi.