Secondo la recente relazione al Parlamento del ministero della Salute sulla Legge 40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita (Pma), dal 2019 al 2020, per effetto della pandemia Covid-19, si è osservata una diminuzione del ricorso alla medicina della riproduzione: le coppie trattate sono scese da oltre 78.000 a 65.000, i cicli effettuati sono passati da 99.000 a 80.000 (-19%) e i bambini nati vivi sono passati da oltre 14.00 a 11.000 (-20%). Un apporto in meno al calo demografico al quale nel nostro Paese stiamo assistendo da anni. Da qui l’appello a sostenere i servizi di procreazione medicalmente assistita (Pma) in Italia come strumento per aiutare il Paese a uscire dall’inverno demografico. Riaprendo, come prima cosa, il capitolo sulle tariffe dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) relativi a questo settore, bloccate dalla scorsa legislatura. A lanciarlo al nuovo governo guidato da Giorgia Meloni, la Società italiana di fertilità e sterilità-medicina della riproduzione (Sifes-MR), riunita per il suo congresso annuale a Roma da oggi al 12 novembre.

Incertezza

“La grande incertezza sociale legata a questo delicatissimo periodo storico – sottolinea Filippo Maria Ubaldi presidente Sifes-MR – è uno dei motivi per cui in Italia le coppie cercano una gravidanza sempre più tardi: dal 2010 a oggi l’età media al parto delle donne italiane è salita da 31,1 a oltre 33 anni ed è stato costante anche l’aumento dell’età della donna all’inizio della ricerca di un figlio. E’ proprio l’età materna avanzata la principale causa di infertilità. Quando la necessità è quella di cercare una gravidanza più sicura e più rapidamente, perché l’età avanza e i tentativi spontanei non raggiungono i risultati sperati, si deve riconoscere l’importante ruolo della Pma, ma soprattutto diffondere la corretta informazione su questo tema e assicurare un corretto ed esteso accesso ai centri specializzati in tutta Italia”. Luca Mencaglia, coordinatore del Tavolo tecnico per la ricerca e la formazione nella prevenzione e cura dell’infertilità istituito presso il ministero della Salute e presidente della Fondazione Pma, evidenzia in occasione del congresso: “l’Italia si trova nella morsa di una drammatica riduzione delle nascite e l’apporto della Pma potrebbe essere molto maggiore se si dedicassero a questa disciplina più fondi. Pur avendo dato vita a un tavolo tecnico ad hoc, che potesse analizzare e risolvere i problemi relativi al mondo della fecondazione assistita e al quale abbiamo partecipato con entusiasmo, e nonostante il governo precedente abbia stanziato 234 milioni di euro per la tariffazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) introdotti nel 2017, il Decreto tariffe è rimasto arenato, così come sono ferme le misure che avevamo proposto per facilitare la donazione di gameti anche nel nostro Paese. Occorre un’azione decisa per invertire la rotta e venire incontro alle esigenze delle coppie con problemi di infertilità, costrette ancora oggi a spostarsi in altre Regioni o all’estero per tentare di raggiungere l’obiettivo di avere un figlio”.

Intervento del governo

Se non ci sarà un intervento da parte del nuovo governo, “queste coppie – prosegue Ubaldi – continueranno a essere discriminate in base al luogo dove vivono, e le strutture proseguiranno a erogare servizi a macchia di leopardo, con tutte le disuguaglianze che ne conseguono: una miopia tutta italiana”. Il tavolo ministeriale ha lavorato per attribuire una tariffa a ogni prestazione di Pma prevista nei Lea. “Si è arrivati alla definizione di costi ragionevoli per prestazioni anche molto avanzate – fa notare Mencaglia – predisponendo l’introduzione nei Lea di nuove prestazioni con relative tariffe finora completamente ignorate come la diagnosi genetica preimpianto e il congelamento e scongelamento di gameti ed embrioni. L’obiettivo era per tutti quello di ottenere un sistema omogeneo e funzionale anche alla ripresa delle nascite in Italia. Al momento, però, la speranza che qualcosa possa cambiare è sfumata”.