Ogni anno, in media, solo il 50% dei pazienti in lista di attesa per un trapianto viene sottoposto ad intervento e di questi uno su tre sviluppa un0infezione da Citomegalovirus. Numeri sui quali rappresentanti istituzionali, esperti del settore e associazioni si sono interrogati nel corso del convegno dal titolo La donazione, una ricchezza che non va mai sprecata, organizzato presso la sede della Regione Lazio. Obiettivo dell’incontro è stato quello di porre l’attenzione sull’importanza dell’assistenza post-trapianto e sullo sviluppo e la condivisione di dati e ricerche utili alla prevenzione. Ad aprire i lavori l’intervento di Massimo Cardillo, direttore generale del Centro nazionale trapianti dell’Iss, che ha sottolineato come “in Italia ci sono circa 8mila pazienti che attendono un trapianto ma purtroppo appena la metà di questi interventi viene effettuato. Questo significa che ci sono lunghi tempi di attesa, che per alcuni organi comportano anche il 10% di mortalità in lista”. Un tema sul quale, ha spiegato Cardillo, “occorre fare un salto in avanti, implementando il coordinamento ospedaliero della donazione, riorganizzando gli ospedali, avviando una campagna di comunicazione ai cittadini perché in Italia abbiamo ancora il 30% delle persone che si oppongono al trapianto, con grandi e gravi disomogeneità territoriali fra Nord e Sud”. 

L’esperienza del Lazio

Per Alessio D’Amato, assessore alla sanità della Regione Lazio, “nel Lazio abbiamo gettato semi strutturali per il sistema sanitario regionale e questo lo dimostra anche l’attività svolta sui trapianti. Siamo ad oltre 210 trapianti a metà anno qui nel Lazio ma non dobbiamo dimenticare che ci sono oltre 1.000 pazienti in lista d’attesa, fra cui 75 bambini. Questo significa che dobbiamo migliorare l’azione di coordinamento, ma anche implementare una cultura della donazione fra i cittadini perché abbiamo un gap ancora forte rispetto a molti paesi europei. Occorre usare le risorse per rafforzare la rete territoriale in modo da rendere sempre più efficienti e accoglienti tutte le attività di follow up post trapianti”. 

I dati

Nel 2021, in Italia, i pazienti sottoposti a trapianto sono stati 5.600 e il 27% ha sviluppato infezione da Citomegalovirus (CMV), a seguito della procedura, generando un elevato tasso di ospedalizzazione, che impatta sia sulla vita del paziente ma anche sui costi del Sistema sanitario regionale. Il Citomegalovirus è un virus distribuito al livello mondiale. Si stima che la sieropositività tra gli adulti, corrisponda al 45% degli individui nei Paesi sviluppati e al 100% nei Paesi in via di sviluppo. Negli individui immunocompetenti, il CMV è generalmente asintomatico o latente; in quelli con compromissione immunitaria, come i pazienti sottoposti a trapianto, invece, può riattivarsi e generare gravi complicanze, dall’infezione alla perdita dell’organo trapiantato.