La crisi di governo è già crisi sanitaria. L’instabilità politica non favorisce sviluppo di soluzioni di sistema e le strutture dell’emergenza urgenza rappresenteranno sempre di più il primo riferimento di assistenza pubblica. Intanto i Pronto soccorso italiani sono stremati da un inarrestabile incremento degli accessi. Gli addetti ai lavori la definiscono la peggiore estate da quando esiste l’emergenza urgenza. Il Pronto soccorso italiano è allo stremo e la ragione è chiara: le richieste superano di gran lunga le possibilità di risposta. Il dato concreto è questo: un numero sempre maggiore di persone si rivolge ai Dea ed ai Ps, strutture che non possono delegare ad altri e che non hanno orari di chiusura. Solo orari di ricevimento. Le ultime rilevazioni a campione di Simeu, Società italiana di medicina d’emergenza urgenza, registrano un dato semplice: incremento dei pazienti + diminuzione degli operatori = aumento esponenziale delle attese di ricovero, risorse umane in esaurimento, diminuzione della qualità di servizio.
Accessi aumentati del 20%
Si stima che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso gli accessi al Pronto soccorso possano essere mediamente aumentati di circa il 20%. “Sono dati medi, che ci provengono da una rilevazione a campione sul territorio nazionale. In realtà alcuni colleghi riferiscono di situazioni anche peggiori”, informa il dottor Beniamino Susi, vice presidente nazionale Simeu e responsabile del rapporto con le Regioni. “In Lazio, come esempio, nella giornata del 22 luglio scorso risultava preso in carico un cittadino ogni 1325 abitanti. Sono numeri impressionanti, da maxi emergenza”. Anche il numero di pazienti che permane a lungo in Pronto soccorso in attesa di ricovero – il boarding – aumenta con le stesse proporzioni. L’Italia registra un numero reale di posti letto/abitante insufficiente. Non solo lunghe, irrisolvibili attese ma anche impossibilità oggettiva di rispondere adeguatamente a tutte le necessità dei pazienti da parte dei sottodimensionati operatori che intanto continuano a diminuire. Sommando le cause, gli operatori subiscono un incremento dell’intensità, del carico di lavoro personale non inferiore al 50% rispetto al 2021, che in questo stesso periodo non registrava né un’ondata di Covid né una simile e persistente ondata di calore.
“Come sempre il primo problema sono le necessità non soddisfatte dei pazienti che, ancora una volta, sono quelli più fragili – afferma il dottor Antonio Voza, segretario Simeu nazionale –. Ma anche la condizione degli operatori ha ormai da tempo superato il limite della sostenibilità. Indistintamente da nord a sud”. Questi i dati noti che vale comunque la pena ricordare per il loro significato.
● 600 i medici dell’emergenza e urgenza che nel 2022 hanno scelto di dimettersi dai pronto soccorso, al drammatico ritmo di circa 100 unità al mese;
● 4.200 sono i medici che mancavano nei pronto soccorso italiani nelle rilevazioni dello scorso novembre.
La situazione degli infermieri è meno quantificabile ma certamente le carenze non sono inferiori. Il rapporto infermiere paziente in un pronto soccorso è di circa 1 ogni 20 assistiti. I parenti lamentano che i loro cari, nelle lunghe attese, non ricevono sufficiente cibo, acqua, assistenza ordinaria oltre che medico-infermieristica. E spesso manifestano questo sgomento in maniera violenta. Per non entrare nell’ambito delle responsabilità personali: dopo la recente sentenza che ha condannato a 8 mesi di reclusione per omicidio colposo un infermiere di triage, molti suoi colleghi stanno seriamente pensando di dimettersi. A tutto ciò si sommano i fatti recenti della politica che hanno determinato un duro stop a quelle poche conquiste che la medicina di emergenza urgenza faticosamente sembrava prossima a conquistare. Il rischio? Dover ricominciare tutto da capo.
I medici si sentono soli
Il dottor Salvatore Manca, past president Simeu: “Ci sentiamo sempre più soli, traditi da una politica che aveva abbozzato delle misure ora sospese per via della crisi di governo e del tutto incompresi dai cittadini che sfogano contro di noi il loro dissenso sul sistema. La voglia di scappare dal Ssn è sempre più diffusa: ci si dimentica che ogni professionista è prima di tutto un essere umano”. Il dottor Fabio De Iaco, presidente nazionale Simeu è molto chiaro: “La crisi di governo potrebbe essere la mazzata finale. Pur nei ritardi registrati la speranza era che le interlocuzioni in corso con le Istituzioni portassero entro questa estate ad alcuni dei provvedimenti che chiediamo da tempo e per i quali proprio nell’ultimo periodo avevamo ricevuto segnali positivi. Ma la crisi limita il raggio d’azione del governo agli affari correnti. I tempi per raggiungere i provvedimenti necessari alla sopravvivenza del servizio si dilatano in maniera insostenibile: in questa maniera non resisteremo”. Medici e infermieri oggi si sentono ancora più impotenti e frustrati davanti alla tragedia di una sanità pubblica che va disgregandosi sotto i loro occhi, mortificati anche dalla diffusione – ai limiti della legalità – di un indiscriminato e spesso squalificante sistema di lavoro a gettone i cui livelli retributivi sembrano dimostrare che i soldi ci sono per tutti tranne che per loro.