Si è svolto in presenza, presso la sala della Società medica chirurgica di Bologna il secondo incontro del ciclo 2022 de I giovedì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” dedicato alla ciliegia. I relatori dell’incontro sono stati il dottor Stefano Lugli, funzionario tecnico dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il professor Marco Malaguti, associato di biochimica dell’Università di Bologna, il professor Roberto Giardino della delegazione bolognese dei Bentivoglio Accademia italiana della cucina e il dottor Andrea Rustichelli, direttore della Cooperativa modenese di essiccazione frutta MonteRè. L’incontro è stato moderato dalla professoressa Rosanna Scipioni, coordinatrice scientifica dell’iniziativa. Il ciclo di conferenze si tiene una volta al mese, da aprile a novembre, e vede Accademia nazionale di agricoltura, delegazioni bolognesi dell’Accademia italiana della cucina e Società medica chirurgica di Bologna insieme per divulgare la buona comunicazione in campo alimentare favorendo la conoscenza al pubblico delle fasi di produzione, delle qualità salutistiche e la storia in cucina delle eccellenze agroalimentari italiane.
Come la ciliegia è cambiata nei secoli migliorando la produzione e il gusto
“Le ciliegie sono disponibili tutto l’anno e sono passate da essere un frutto di nicchia a uno global. La produzione è estiva nell’emisfero nord e invernale in quello sud permettendo così un rifornimento continuo. Nel corso dei secoli – spiega il professor Stefano Lugli – anche la produzione è cambiata modificando le piante per migliorare il lavoro dei produttori e, se a inizio Novecento, le piante erano alte 20 metri e servivano lunghe scale per raccogliere i frutti, adesso sono di 2 metri. Lo stesso vale anche per i sistemi di protezione, oggi innovativi a monoblocco e monofila anti insetti, grandine e uccelli, che hanno risolto numerosi problemi. La produzione si è sempre più spostata verso i gusti dei consumatori che vogliono ciliegie belle, grosse, sode e gustose e in questo le americane hanno misure, aspetto e produttività superiori alle nostre varietà storiche, come ad esempio quella di Vignola, che però hanno sapore e adattabilità delle piante maggiore e per questo sono preferibili data la migliore qualità del prodotto”.
Un frutto dal modesto apporto di glucosio e alto contenuto di polifenoli
“Dal punto di vista nutrizionale le ciliegie sono un frutto dal modesto apporto energetico e bassa densità calorica (48 Kcal/100g). L’energia è quasi esclusivamente fornita dal contenuto di zuccheri semplici, glucosio e fruttosio che sono presenti in quantità pari a circa 11g/100g. Una nota interessante – sottolinea il professor Marco Malaguti – è data dal fatto che i due monosaccaridi rappresentano circa il 50% degli zuccheri disponibili, il che rende le ciliegie un frutto dal modesto apporto di glucosio, aspetto che spiega il basso indice glicemico che è stato attribuito a questo frutto. Dal punto di vista nutraceutico le ciliegie sono un frutto particolarmente interessante: si stima che il contenuto in polifenoli sia di 160 mg/100g, tra cui le antocianine sono sicuramente quelli più rappresentati senza dimenticare una certa presenza di quercetina e acido idrossicinnamico”.
Le basse calorie e la presenza di antociani rendono la ciliegia adatta a tutti
“Sono ormai numerosi gli studi che hanno valutato gli effetti nutraceutici dei principali antociani presenti nelle ciliegie: la cianidina-3-glucoside modula meccanismi coinvolti nei processi di chemio prevenzione, in colture di cellule tumorali, infatti, si è dimostrata esercitare attività antimutagena, arrestare il ciclo cellulare, indurre l’apoptosi oltre che l’attività di enzimi detossificanti. Gli antociani delle ciliegie – prosegue il professor Malaguti – sono risultati in grado di inibire enzimi pro-infiammatori come COX-2 e uno studio pilota sull’uomo ha osservato il miglioramento di biomarcatori dello stato infiammatorio (proteina C reattiva, perossidazione lipidica) in seguito ad assunzione di ciliegie. Queste recenti indicazioni si sommano ad evidenze più consolidate nel tempo, come l’azione protettiva della cianidina sulle cellule di endotelio vascolare. Nel suo insieme la ciliegia rappresenta un frutto che per il suo interessante contenuto di antociani può partecipare significativamente all’assunzione quotidiana di composti ad azione nutraceutica contribuendo all’azione protettiva che questi composti possiedono. Nel caso della ciliegia poi, la disponibilità di nutraceutici si associa ad una densità calorica molto bassa, il che rende questo frutto adatto a tutta la popolazione”.
Regina della pasticceria esalta anche alcuni piatti salati con il contrasto agrodolce
“In Italia la ciliegia era un frutto già conosciuto dagli Etruschi e molto apprezzato dai romani. I primi alberi di ciliegie furono importati a Roma dal console Lucio Licinio Lucullo intorno al 65 a.C. e provenienti da Kerasos, ossia Cerasunte, colonia greca del Mar Nero. Regina della pasticceria – dice il professor Roberto Giardino – si utilizza fresca, cotta, candita o lavorata per ottenere marmellate, sciroppi e altre bevande, ma nei secoli è stata accostata ad alcune preparazioni salate, come ad esempio i piatti a base di carne, che ne esaltano il gusto. Utilizzata in tutte le regioni italiane con i suoi intensi profumi, consistenze ed i particolari sapori che si differenziano tra le varietà del frutto, rappresentano un ingrediente molto versatile che permette di creare piacevoli sensazioni di contrasto in tavola sia di tipo visivo che gustativo quale, ad esempio, l’agrodolce”.
Le amarene brusche di Modena: un prodotto del territorio salvato e rivalutato
“Amarene, visciole o marasche in molti sarebbero pronti a darne la giusta identità, ma l’origine e la classificazione è una sola, quella del ciliegio acido, che caratterizza questi frutti e distinguendoli da quello dolce. La nostra storia – conclude il dottor Andrea Rustichelli -nasce da un ritorno alla coltivazione del ciliegio acido, le amarene appunto, dopo un lungo declino che in Italia ha visto precipitare le superfici coltivate a fronte dell’aumento dei costi di coltivazione e produzione, con conseguente abbandono delle tradizioni locali non più sostenibili con gestioni famigliari. Ed è proprio ad una delle tradizioni locali, quella della amarena emiliana, che si è rivolto il nostro progetto, ottenendo la denominazione protetta della confettura “Amarene Brusche di Modena IGP” che produciamo con attenzione alla tradizione, declinata ad un processo industriale. Il prodotto per 100g di confettura ha inserito 170g di frutta, superando il riferimento disciplinare che ne prevede 150g, senza ingredienti segreti si rivela corposo, bruno con riflessi rossastri, ed un equilibrio tra dolce e aspro. Siamo così riusciti a salvare un prodotto locale, già presente nei ricettari storici dei Duchi di Modena, con un forte legame col territorio”.