Sono necessari interventi su più fronti per rendere più efficiente ed efficace la gestione del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, istituito per incentivare l’assunzione di persone con livello elevato di disabilità fisica e psichica. È quanto ha evidenziato la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, nella relazione su La gestione del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (2016-2021), approvata con delibera n. 9/2022/G.
I dati
I dati emersi, ha sottolineato la Corte, non vanno nel senso auspicato dal legislatore, malgrado la riforma, avviata nel 2016, del sistema di utilizzo delle risorse, in precedenza attribuite alle Regioni e successivamente trasferite direttamente all’Inps. I lavoratori disabili assunti (11.882) sono stati, nel periodo osservato, molto meno degli iscritti alle liste del collocamento mirato, con un picco nel biennio 2016-2017 (rispettivamente, 3.089 e 2999 assunzioni) e un andamento successivo stabilizzatosi su valori molto più contenuti. La maggior parte dei lavoratori disabili avviati al lavoro attraverso i benefici (4.806) presenta, inoltre, una disabilità compresa fra il 67 e il 79% e, su 2853 lavoratori con disabilità intellettuale e psichica, un migliaio è stato assunto a tempo determinato. Tale andamento, hanno osservato i giudici contabili, è dipeso anche dal livello degli stanziamenti statali che, inizialmente contenuti, si sono poi incrementati negli anni con tempistiche di impiego non sempre consone a un’adeguata programmazione. Proprio la carenza di strumenti, nonché delle prescritte azioni di verifica, da parte del governo, sull’adeguatezza delle risorse finanziarie destinate al Fondo con la legge di bilancio, ha rappresentato una delle criticità emerse.
Efficienza relativa
Le fonti che concorrono al finanziamento del Fondo si sono dimostrate di relativa efficienza, stante la necessità di controlli efficaci sui contributi dovuti dai datori di lavoro in caso di esonero dall’obbligo assunzionale, da un lato, e la mancanza di un’adeguata campagna informativa sul fronte delle liberalità spontanee dei privati, dall’altro. Un’attenzione specifica, inoltre, è richiesta alle amministrazioni interessate ai cosiddetti “accomodamenti ragionevoli” obbligatori, la cui realizzazione, demandata alle regioni, è a rischio di disomogeneità geografica per la mancata definizione, a livello nazionale, dei livelli essenziali di prestazioni (Lep). Una complessiva carenza di concertazione nella gestione del Fondo, ha concluso la Corte, cui l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità non è riuscito a far fronte.