Il nuovo vaccino contro l’Herpes Zoster sarà utilizzabile anche per i pazienti fragili, come coloro che sono affetti da patologie reumatologiche infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica o da malattie autoimmunitarie sistemiche come il lupus. A causa delle terapie immunosoppressive, questi pazienti hanno un’incidenza di rischio di infezione da herpes zoster decisamente superiore alla popolazione normale. Per questo è prioritario pensare a una forma di vaccinazione nei confronti di questi soggetti. Questi sono alcuni degli spunti emersi in occasione dell’iniziativa “Herpes Zoster in reumatologia: facciamo il punto”, organizzata da Aristea con il contributo non condizionante di GSK. In questo evento formativo sono intervenuti il Massimo Andreoni, professore ordinario di malattie infettive all’Università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali, la professoressa Laura Sticchi del dipartimento scienze della salute dell’Università di Genova-Policlinico San Martino, e Roberto Gerli, professore ordinario di reumatologia presso l’Università di Perugia.
Il quadro epidemiologico
L’Herpes Zoster è una malattia caratterizzata da una eruzione cutanea spesso accompagnata da prurito e dolore di elevata intensità, causata dalla riattivazione del virus varicella zoster (VZV), lo stesso virus che causa la varicella, di solito contratto durante l’infanzia. “L’infezione da virus varicella zoster è estremamente comune – sottolinea il professor Andreoni –. Si stima che circa il 95% dei soggetti con più di 40 anni sia stato infettato da questo virus: ciò significa che in età più matura possono sviluppare un episodio di herpes zoster. Si calcola che almeno un terzo di tutte le persone adulte avrà nella propria vita almeno un episodio di herpes zoster. Questa patologia ha conseguenze assai gravi, come una sintomatologia neurologica (nevralgia posterpetica) che si caratterizza per un dolore ai limiti della sopportabilità. Da un punto di vista epidemiologico possiamo dire che in soggetti con più di 50 anni con herpes zoster questa complicanza occorre in circa l’80% dei casi, un dato che evidenzia come la gravità e le conseguenze della patologia”.
Il nuovo vaccino
Il nuovo vaccino a disposizione contro gli episodi di herpes zoster presenta delle caratteristiche che lo propongono come particolarmente indicato per i pazienti più fragili. “Fino ad oggi abbiamo avuto a disposizione un vaccino a virus vivo attenuato – sottolinea la professoressa Sticchi – che tuttavia non può essere somministrato nei soggetti immunocompromessi, come coloro che sono in trattamento con farmaci immunosoppressori, spesso utilizzati nei pazienti reumatologici. Il nuovo è un vaccino ricombinante adiuvato: contiene la glicoproteina E del virus combinata ad un sistema adiuvante che stimola la risposta immunitaria. Negli studi condotti il vaccino ricombinante ha dimostrato di essere sicuro ed altamente efficace. In quanto inattivato potrà essere considerato anche nei pazienti molto fragili che non possono ricevere il vaccino vivo attenuato, permettendo pertanto di cambiare l’approccio vaccinale nei loro confronti”.
Vaccino e reumatologia
L’infezione da Herpes Zoster nelle malattie croniche reumatologiche si lega soprattutto alla terapia immunosoppressiva seguita dai pazienti, che finisce spesso per ridurre le difese immunitarie.
“Molti dei farmaci usati per curare le patologie reumatologiche intervengono abbassando le difese del sistema immunitario – spiega il professor Gerli –. Con le terapie biologiche o biotecnologiche di recente introduzione il rischio è anche leggermente aumentato. Per quanto riguarda l’herpes zoster, la frequenza è decisamente in crescita rispetto al rischio delle terapie tradizionali. Un fenomeno evidente ad esempio con i JAK inibitori, che producono vistosamente questo effetto. Diventa dunque prioritario prevenire l’infezione: per questo l’ipotesi della vaccinazione è al centro della nostra attenzione. Per valutare il discorso vaccinale, dovremo chiarire le tipologie di paziente, in funzione della patologia e della terapia, ma adesso possiamo contare su scenari inediti rispetto al passato grazie alla nuova conformazione di questo vaccino. Pensare a una vaccinazione globale di tutti i nostri pazienti, visti gli ampi numeri, non è possibile, ma potremo gradualmente identificare quelli a maggior rischio per impostare un piano vaccinale che copra prioritariamente quelli più a rischio e permetta di mettere in campo un’efficace prevenzione”.