Il Covid-19 ha fatto rivivere agli infettivologi l’incubo vissuto negli scorsi decenni proprio di fronte all’HIV. Eppure, le due infezioni hanno presentato profonde differenze, che si riflettono soprattutto nelle analisi di laboratorio. Se ne è parlato nel corso di ICAR 2021. “Sars-CoV-2 e HIV differiscono per l’importanza dell’aspetto quantitativo, per il rapporto tra infezione e contagiosità, per il monitoraggio dell’immunità, per il ruolo delle varianti – ha sottolineato la professoressa Maria Rosaria Capobianchi. – Nel Covid, che è un’infezione acuta, si è ridotta notevolmente l’importanza degli aspetti quantitativi della carica virale, cruciale invece per il monitoraggio dell’infezione nell’HIV, infezione cronica. Se un paziente affetto da HIV ottiene una riduzione quantitativa della carica virale può non essere più contagioso, come enunciato nel principio U=U; nel Covid invece vi possono essere persistenze prolungate del genoma virale nell’albero respiratorio, senza però che corrispondano a una persistenza della contagiosità. Inoltre, cambia il concetto di immunità: nell’HIV non è sintomo di guarigione, ma di infezione che si protrae per tutta la vita, mentre per il Covid la presenza di anticorpi è la testimonianza di aver incontrato il virus e di aver superato l’infezione. Gli anticorpi sono anche un parametro fondamentale per la valutazione della protezione indotta dal vaccino, in popolazioni modello da cui trarre informazioni sulla durata e l’entità della protezione, in modo da poter disegnare strategie flessibili e tempestive per le politiche vaccinali. Al momento sono disponibili molti strumenti per la misura dell’immunità, sia naturale che acquisita grazie al vaccino. Tuttavia non sono ancora chiari i livelli anticorpali che corrispondono allo stato di protezione, e in molti laboratori si sta lavorando al paragone fra i diversi metodi immunometrici e il test biologico che misura la capacità di neutralizzare l’infettività del virus. Infatti questo test, per la sua complessità, non può rappresentare lo standard di routine, e per questo, ai fini delle applicazioni quotidiane, vanno identificati strumenti più accessibili e semplici. Inoltre i dati più recenti focalizzano l’attenzione anche sull’immunità cellulare, che sembra avere una durata più prolungata rispetto alla immunità anticorpale. L’immunità cellulare sembra anche risentire in minor misura della variabilità virale. Collegato a questo, va detto che sul versante Covid c’è grande attenzione per le varianti del virus che potrebbero vanificare la protezione dell’immunità indotta dal vaccino. In HIV l’esperienza maturata in questi 40 anni ci ha insegnato che le mutazioni hanno importanza in un ambito diverso, principalmente legato alla efficacia dei farmaci antiretrovirali”.
Per il video servizio:https://youtu.be/Ig3a1VHHzv8