Non c’è alcun dubbio. La pandemia ha rivoluzionato tutti i paradigmi sociali e civili. Comprese le modalità di uno dei capisaldi del turismo del vino italiano. Insomma, le “semplici” degustazioni in cantina rischiano di non trovare più spazio quando l’emergenza sanitaria sarà vinta facendo così riprendere i flussi delle passeggiate alla ricerca dei sapori e della memoria del gusto. Il turismo esperienziale sarà infatti la nuova frontiera con cui si andrà alla scoperta di un territorio. La domanda di “vita reale” durante una vacanza nasce da tanti fattori (dalla standardizzazione delle mete turistiche all’isolamento delle persone a causa dei social network), ma si concretizza raramente. In molti parlano di “esperienza” quando in realtà offrono un hotel e una cena o normali attività ed escursioni. Il cambio di paradigma è portato avanti nel Trevigiano da Sylvie Scala, disegnatrice di esperienze turistiche professionale, una pioniera nel settore che in questo periodo di Covid ha elaborato nuove strategie per l’enoturismo grazie alla sua partnership con Artes incoming tour operator, tra i primi a proporre in Italia il turismo esperienziale a livello professionale.
Il progetto
“Si tratta di far incontrare turisti e residenti, raccontare loro le storie reali del territorio, far provare i mestieri artigiani e dei campi, ma anche le emozioni che un territorio emana – sintetizza Scala -. Per creare un prodotto turistico di questo tipo serve seguire delle regole. La prima è legare l’attività a qualcosa avvenuto solo in un determinato luogo, intrecciandola alle passioni e interessi dei propri ospiti. La seconda è la formula innovativa dello “storyliving”: il turista diventa protagonista di una storia che vive assieme ai residenti del posto, che condividono eventi, personaggi ed emozioni che permeano un territorio, in un sottile gioco di ruolo dove l’obiettivo è compiere una sorta di impresa”.
La sfida del Veneto
La sua ultima sfida è davvero ambiziosa. Declinare questo modello nelle varie cantine del Veneto e tra le colline del Prosecco, patrimonio dell’Unesco, e in senso più ampio su tutto il mondo del vino italiano, spiegando ai produttori che non basta più aprire la cantina, offrire una degustazione e un cicchetto. Ora il turista del vino si aspetta altro, un servizio più sartoriale di accoglienza che già in alcune nazioni europee come Francia e Spagna è attivo da almeno una quindicina d’anni, mentre sta arrivando in Italia solo negli ultimi tempi. Il trend c’è ed è in crescita: fino a prima del Covid la domanda di turismo esperienziale si aggirava attorno al 40% della domanda globale.
Percorsi di formazione
Per farlo, Sylvie ha organizzato dei percorsi di formazione sia per l’Associazione vignaioli indipendenti trevigiani (associazione che fa parte della Fivi, Federazione italiana vignaioli indipendenti) sia per Coldiretti Treviso. Con l’Associazione dei vignaioli presieduta da Désirée Pascon è stato previsto un percorso della durata di alcuni mesi che coinvolgerà come protagoniste delle donne. Questa parte si chiamerà “Enoturismo e Storyliving”. L’output del corso sarà un prodotto turistico esperienziale che esalterà l’identità delle singole aziende agricole Fivi. Ma il progetto vede coinvolti anche attori importanti come ville venete e bed and breakfast, agenzie e tour operator, guide e accompagnatori. Con Coldiretti Treviso il percorso sarà invece (per ora) limitato alla semplice formazione di base sul turismo esperienziale, in attesa di nuovi fondi per completare il percorso.
“Il percorso non è semplice formazione in aula – spiega Scala – ma consiste in un progetto dove ci saranno anche laboratori, collaborazioni, sono coinvolte indirettamente non solo le cantine facenti parte dell’associazione e iscritte al corso ma diversi “portatori di interesse” del territorio come guide, accompagnatori, agenzie viaggi, tour operator e ville. L’output prevede che sia creato per ogni cantina un prodotto turistico esperienziale “Storyliving” sulla base del format e disciplinare messo a punto da Artes tour operator, di cui Scala è una delle prime docenti certificate a livello nazionale. “L’obiettivo è formare persone in grado di proporre un prodotto turistico unico, irripetibile e memorabile”, conclude la disegnatrice di esperienze di viaggio. “Serve saper gestire la relazione in maniera innovativa, conducendo esperienze ad alto impatto emozionale, dove il turista è il protagonista sul palcoscenico del territorio e impara a fare qualcosa percorrendo sentieri meno battuti. Per un giorno il turista è un “local” e viene trattato come tale: il turismo esperienziale è un turismo lento e ha bisogno di tempo per la relazione, rapporti amicali, profondi, di reciprocità, di scambio”.