Le altre malattie non aspettano né stanno a guardare, anzi progrediscono e il mancato trattamento si ripercuoterà su ampie fette di pazienti e sul nostro SSN. Non solo complicanze di patologie cardiovascolari, onco-ematologiche, oncologiche, diabete, ma anche la condizioni di migliaia di soggetti spesso giovani, colpiti dalle MICI – Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, pazienti fragili che rischiano ancora di più in tempo di pandemia. E non è sempre facile orientarsi nell’identificazione della malattia e dei centri di riferimento IBD. La Società IG-IBD fornisce le indicazioni necessarie e si mette al servizio della ricerca che propone nuove opzioni interessanti.
L’XI Congresso nazionale IG-IBD
Prende il via domani – domenica 29 novembre – sino al 5 dicembre l’undicesima edizione del Congresso IG-IBD, l’Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease, organizzato da Health Meetings Group, per la prima volta in modalità online. Nonostante l’approccio insolito, vi sono ben 550 medici iscritti, 96 comunicazioni orali presentate, 24 di queste già selezionate come ricerche innovative, 4 corsi precongressuali per coprire ogni novità nell’ambito delle MICI. Il tema della gestione dei pazienti affetti da IBD è infatti ricco di sfide e novità: farmaci con variabili profili di rischio/beneficio, necessità di multidisciplinarietà, aperture alla telemedicina, novità in termini di gestione dei pazienti quanto più possibile aderenti al concetto di treat-to-target. Il futuro dell’assistenza e della ricerca appare dunque come una sfida ancora aperta. Le principali tematiche che saranno affrontate nel programma saranno il ruolo della fibrosi nelle IBD, il posizionamento dei farmaci, la sovrapposizione tra intestino irritabile e MICI, la medicina di genere, l’imaging cross-sectional, l’ultrasonografia, le tecniche di intelligenza artificiale applicata in endoscopia.
Ritardi diagnostici è difficoltà nella gestione del paziente cronico
In questo 2020, il Covid-19 ha spinto ai margini tutto ciò che non fosse legato all’infezione stessa, lasciando da parte tanti malati cronici, tra cui anche quelli affetti da MICI – Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (Malattia di Crohn e Colite ulcerosa), i quali hanno riscontrato problemi di assistenza e di disponibilità di posti come i pazienti oncologici, quelli cardiologici e tanti altri. Questo ha accentuato problemi già esistenti come il ritardo diagnostico di queste patologie, già subdole per natura, tanto che ad oggi ancora non si hanno stime precise di quanti siano i pazienti in Italia, ma solo l’ipotesi che ammontino a una cifra compresa tra 200 e 250mila. “Ancora oggi, anche in caso di sintomi evidenti come una diarrea sanguinante, che dovrebbe portare automaticamente all’esecuzione di una colonscopia o a una visita di uno specialista gastroenterologo per il sospetto di una colite ulcerosa, il ritardo diagnostico va da 3-6 mesi a 12-18 mesi. Ancora più notevoli i ritardi nella malattia di Crohn. La conseguenza di questo fenomeno può essere grave, poiché potrebbe impedire di mettere in atto tempestivamente un trattamento opportuno che permetterebbe di evitare degenerazioni, complicanze e interventi chirurgici” sottolinea il dottor Marco Daperno, Segretario Generale IG-IBD, AO Ordine Mauriziano di Torino. I pazienti affetti da MICI infatti sono soggetti fragili e con gravi rischi di conseguenze negative. Si tratta di patologie tipiche dell’età giovanile: il picco di esordio è generalmente compreso nella fascia tra i 15 e i 30 anni, con un 20% di casi addirittura già in età pediatrica.
Ricerca e nuovi farmaci
La gestione delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali resta in continua evoluzione: vi sono alcuni risultati che già hanno permesso di migliorare la qualità di vita dei pazienti, mentre la ricerca prosegue il suo compito nonostante l’attenzione sia per molti aspetti riservata al Covid-19. “Nella gestione delle MICI abbiamo alcuni punti fermi, come quelle classi terapeutiche di farmaci ormai consolidate, come alcuni farmaci biologici che ormai possiamo definire tradizionali – evidenzia il dottor Daperno –. Il prossimo passo in cui siamo impegnati è quello di migliorare il sequenziamento dei farmaci in virtù della varietà a cui siamo giunti, al fine di migliorare gli effetti sul lungo termine ed evitare gli effetti collaterali. Inoltre, si aggiungono nuovi farmaci di recente introduzione che permettono un approccio più razionale e una gestione più soddisfacente di queste patologie”.